Di Zinno: incomprensioni

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Nella festa dei Misteri la città è il teatro della sacra rappresentazione e i cittadini sono idealmente attestati sugli spalti di questo teatro

di Gaetano Jacobucci (da lafonte.tv)

13 gennaio 2020

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In La festa del Corpus domini a Campobasso: gli angeli torturati (pp. 145-155) A. M. di Nola 1991 sostiene che nella festa “protagonisti e vittime della celebrazione sono principalmente bambini e giovinetti che, impersonando angeli e figure di santi, sono infilzati, sopra delle intelaiature metalliche create intorno alla metà del 1700, da un certo Paolo Saverio Di Zinno. I bambini in atteggiamento catatonico, secondo la ritualità assurda della festa, sono costretti a restare fissi negli atteggiamenti imposti dalla vicenda agiografica che rappresentano”. Dopo aver enunciato quelli che secondo lui sono gli elementi della “barbarica cerimonialità del momento festivo”, lo studioso afferma che questa festa, che nulla ha di festivo, riesce a configurarsi, come un palio non decente di assurdità remote che reificano in modo massiccio la condizione infantile. “Le scene pretestuosamente misteriche sono dedicate alla rappresentazione muta di memorie della vita religiosa”.

La festa misterica

Le macchine sono accompagnate da complessi di bande musicali, non una rappresentazione muta, assenza di suoni, ma al contrario una festa che coinvolge spettatori, secondo lo spirito barocco. L’autore critica la lontananza dall’idea evangelica delle macchine, esibizioni dove si rileva il sadismo insensato consumato sui bambini; per i campobassani è tutt’altra la interpretazione della esibizione collettiva di coinvolgimento, esaltazione collettiva.

Non si rilevano violenze nell’ esibizione: non “bambini infilzati”, ma semplicemente imbragati – con grande cura sulle strutture ideate dal Di Zinno; si divertono enormemente a “volare” per qualche ora tra le strade della città. Gli adulti dal canto loro non vivono il “tormento” di una barbarie, ma stupore e meraviglia nello sfilare per le strade della loro città.

L’obiettivo tematico della festa può essere accomunato ad un parco di divertimenti. Se violenza esiste in certe espressioni della festa popolare e non, la si riscontra nel palio di Siena, con le violenze sui cavalli o nelle “Carresi” di Ururi, San Martino in Pensilis e Portocannone.

Mi sembra una forzatura cercare violenze sui bambini nei Misteri, neanche di ravvisare “talune condizioni di paganesimo meridionale che consentivano ai gesuiti seicenteschi di qualificare la gente del Sud come gli Indios de aquì”. La complessità della struttura delle processioni figurate non può essere liquidata in presupposti interpretativi fuori dell’impianto barocco.

Le forme settecentesche

Nella festa dei Misteri la città è il teatro della sacra rappresentazione e i cittadini sono idealmente attestati sugli spalti di questo teatro. Solo quando si entra nel vano della rappresentazione nel quale si compie il mistero, il pellegrinaggio assume il pieno significato sul piano dei contenuti e dell’esperienza devozionale. Il meccanismo processionale porta anche ad un cambiamento della posizione dal punto di vista del pubblico: non più il pellegrino dentro la rappresentazione dei misteri religiosi, ma i misteri che si muovono in uno spazio cinetico: la macchina barocca, il cui quadrante è dilatato a scala urbana. Questo schema festivo barocco si verifica a partire dalle invenzioni del Bernini, e si diffonde in tutto il territorio tra Seicento  e Settecento.

Lo schema festivo 

Per giungere alla soluzione dello schema festivo dell’arte barocca Di Zinno riuscì a coordinare e sintetizzare esperienze provenienti dai più disparati settori dell’operatività artistica. Dalla pittura napoletana attinse il patrimonio dello “spazio infinito”, soluzioni iconografiche utili ad assemblare le figure, ispirandosi alle costruzioni aeree delle pale d’altare barocche. Alla metà del Settecento si può constatare il mimetismo scenico giunto al suo apice. Francesco De Mura nel dipinto l’Allegoria delle Arti, datato 1746, a Salisburgo, presenta figure assemblate a gruppi e ricorre all’uso della grisaille per articolare le raffigurazioni di persone vive, in cui il candore della pelle e dei panneggi è reso con straordinaria efficacia, quella della pittura simulata a scultura.

di Gaetano Jacobucci (da lafonte.tv)

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