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Vino nuovo

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Il 7 dicembre si camminerà da Duronia fino a Bagnoli del Trigno, dove verrà aperta la IX edizione del Presepe artistico più grande del Molise

di Cantine D’Uva (da lafonte.tv)

9 dicembre 2019

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“A San Martino ogni mosto diventa vino” è il proverbio che accompagna la festività rurale che ricorre l’11 novembre, vissuta, nel mondo agricolo, con un’intensità carica di significati e simbolismi. Ha radici profonde legate al folclore: l’estate di San Martino – così è anche nota – segna l’ingresso nella stagione del riposo vegetativo e cede il passo agli ultimi calori estivi e ai raccolti finali del ciclo agrario. Come molte festività popolari, anche questa ha un collante con l’agiografia del santo, nonostante le contaminazioni pagane. Martino di Tours, il primo santo non martire della Chiesa, era un milite romano convertito al cristianesimo ed eletto, poi, vescovo di Tours (Francia). Narra la leggenda che in un giorno di freddo pungente Martino tagliò a metà il suo mantello per offrirlo ad un povero viandante infreddolito incontrato per strada; di notte gli apparve in sogno Gesù rivelandogli di essere quel viandante e il clima miracolosamente si riscaldò. Da santo, Martino avrebbe poi compiuto il miracolo della trasformazione di acqua in vino. La Chiesa lo festeggia liturgicamente l’11 novembre, data di riferimento, nel mondo agricolo, per le contrattazioni di mezzadria e compravendite relative all’anno agrario successivo. Nel passato, infatti, l’attività nei campi era gestita prendendo come riferimento il calendario dei santi e ogni raccolto aveva, per buon augurio, un suo santo protettore. Così per il vino, la cui produzione annuale veniva assaggiata e verificata proprio l’11 novembre dopo mesi di lavoro in vigna e poi in cantina. Chi conosce un poco il mondo vinicolo, sa bene che un’annata non è uguale ad un’altra; l’apertura delle botti era, come è tuttora, un momento, vissuto con trepidante attesa, di verifica della qualità del mosto destinato a divenire il vino nuovo.

Da qui nasce la ritualità delle “cantine aperte”, si offrono prodotti tipici della stagione e l’assaggio del vino nuovo, come prova di botte, o del vino novello.

Il consumatore medio tende frequentemente a confondere il vino nuovo con il vino novello, come se i due termini fossero sinonimi. In enologia invece il vino nuovo è il vino dell’ultima vendemmia mentre il ‘novello’ sta ad indicare una qualità di vino con delle caratteristiche molto peculiari. Come spesso accade, le cose migliori avvengono per caso: alcuni ricercatori francesi, negli anni trenta, conducendo esperimenti su nuove tecniche di vinificazione, misero grappoli d’uva interi a macerare in un ambiente saturo di anidride carbonica. Una volta spremuti scoprirono che il liquido prodotto era leggermente frizzante, molto fruttato al palato, ed estremamente gradevole da bere. Il processo che è definito in chimica “macerazione carbonica” prese il nome di Beaujolais Nouveau, dal nome della zona di Francia dove era stata messa a punto. Nasceva il novello.

Ma nei bicchieri che, con la stretta di mano e la buonuscita in castagne e olio, segnavano il congedo tra padrone e mezzadro a contratto agrario finito, l’11 novembre si versava il vino nuovo per brindare insieme alla fatica e al suo premio. Perciò a San Martino si saluta l’inverno con castagne e vino                                                          

di Cantine D’Uva (da lafonte.tv)

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