La tv delle poche parole

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“Andiamo oltre Gomorra”, ieri sera la prima delle quattro puntate speciali nel cuore delle periferie

di Pippo Venditti (da riservato.net)

3 dicembre 2019

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Ieri sera Domenico Iannacone è tornato in tv. Lo ha fatto in punta di piedi, delicatamente, con il suo stile originale, vero, mai forzato, mai di plastica, con la prima di quattro puntate speciali di “Che ci faccio qui”. 

La periferia ormai è casa sua, Domenico ci entra sempre con grande rispetto e con la conoscenza che gli permette di non mostrarci la cronaca in modo aggressivo ma di metterci in condizione di riflettere. Quando termina la puntata resto immobile a fissare lo schermo, resto a riflettere sulle parole dei personaggi, sulla loro storia, sulla semplicità della narrazione e sull’onestà intellettuale di Domenico a cui gli uomini e le donne che lo incontrano, affidano le proprie emozioni e le loro confessioni, perché si fidano di lui e sanno che nulla verrà spettacolarizzato, perché sanno che lui non sporcherà e non tradirà il loro racconto, lasciandolo grezzo e amaro per tutta la durata della puntata, salvo poi farci sentire quel retrogusto dolce che si chiama “speranza”. Ammetto che mi aspettavo qualcosa di forte e non mi sbagliavo. 

Ieri sera sono entrato a Scampia dalla porta principale, non ho visto nessuno se non Davide Cerullo (i suoi libri sono di una bellezza devastante), suo fratello e sua madre, non ho visto una classica puntata di Gomorra, non ho visto violenza ma ho visto molto di più, accompagnato dal racconto crudo e diretto di un uomo che ha visto di tutto nella sua vita, che ha visto anche la morte a due centimetri dal suo viso. L’inferno di Dante? No, diverso, ma devastante: “Venivamo da un quartiere fragile e ci avevano affibbiato tanti nomi, uno peggio dell’altro. I non visti, così eravamo etichettati e non perché eravamo nati alle vele di Scampia, semplicemente non eravamo ammessi nel girone dei riusciti.” Devastante. Avverto la sensazione di una Scampia vuota, spenta, di un posto dove non solo non c’è più lo Stato ma non c’è più nemmeno la Camorra che conosciamo, quella che “ha dato sotto forma di piaceri quello che lo Stato ha negato come diritti”, avverto la sensazione di una Scampia ancora più povera e completamente abbandonata al suo destino. Non guardavo la tv da più di un mese, ieri sera l’ho fatto e ne è valsa la pena. 

Davide Cerullo ha detto che “una casa senza libri è come una casa senza finestra”, quella stessa casa che potrebbe essere ancora più buia, senza la forza di pensare e senza il messaggio che arriva da quella tv: “L’ oppressione si esercita su chi è muro perché non sa usare le parole”. Domenico usa poche parole, quelle giuste, quelle del rispetto e della dignità. Solo in questo modo, non c’è mai nulla da nascondere. 

Lunga vita alla verità di “Che ci faccio qui.”

di Pippo Venditti (da riservato.net)

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