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In brodo di giuggiole

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Il giuggiolo, ormai relegato nell’elenco dei frutti antichi, è una pianta importata dalla Siria

di Gildo Giannotti (da lafonte.tv)

13 novembre 2019

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“Andare in brodo di giuggiole”: chi non conosce questo famoso detto popolare che indica l’essere fuori di sé dal compiacimento e deriva proprio dal dolcissimo liquore (se ne veda la ricetta in fondo all’articolo) che si ottiene dai frutti di questa pianta?

Il giuggiolo, ormai relegato nell’elenco dei frutti antichi, è una pianta importata dalla Siria durante la dominazione romana. Ma liquori a base di giuggiole erano già noti presso altre antiche civiltà del Mediterraneo, in particolare Egizi e Fenici. È probabile che il loto di cui si parla nel IX libro dell’Odissea, un frutto magico che sull’isola dei Lotofagi diede l’oblio a Ulisse e ai suoi uomini, facendo loro dimenticare mogli e famiglie, sia proprio un giuggiolo selvatico. Presso i Romani il giuggiolo divenne poi la pianta del silenzio e fu usata per adornare i templi dedicati alla dea Prudenza.

Appartenente alla famiglia delle Ramnacee, in botanica è classificato come Ziziphus jujuba ed è conosciuto anche con il nome di “dattero cinese” per la somiglianza tra i suoi frutti, le giuggiole, e i datteri. L’altezza della pianta non supera i 3-4 metri, ma, essendo un bellissimo esemplare da frutto, spesso viene coltivato anche a scopo ornamentale. Predilige un clima mite, con estati lunghe e calde, ma resiste bene anche alle rigide temperature invernali. È di lento accrescimento e la sua caratteristica è di sviluppare, in corrispondenza di ciascun nodo del fusto e dei rami giovani, una coppia di spine di dimensioni diverse da varietà a varietà; le spine con l’età tendono a scomparire.

Il frutto, la giuggiola, è una drupa di dimensioni e peso molto variabili: dai 3-5 grammi delle varietà nostrane ai circa 50 grammi delle varietà cinesi di più recente introduzione. A seconda della varietà può avere forma ovale o cilindrica, e ha la buccia inizialmente di colore verde e poi rosso-bruno. Il sapore della polpa, da neutro o agrodolce, diventa dolce in fase avanzata di maturazione per il notevole aumento del contenuto in zuccheri, che dal 30% dei frutti freschi può passare al 60% di quelli raggrinziti. Il nocciolo è aderente alla polpa, molto consistente e duro, simile a quello di un’oliva. La maturazione è scalare e la raccolta si può protrarre per tutto il mese di ottobre.

Tante sono le proprietà delle giuggiole utilizzate per secoli nella medicina tradizionale cinese e coreana contro una grande varietà di disturbi, tra cui la riduzione dello stress, le infiammazioni dei reni e della vescica, e la stipsi cronica. Tuttora sono usate per produrre un infuso che favorisce la guarigione del mal di gola e della tosse. La giuggiola è infatti ricca di vitamina C, la cui percentuale supera ben 20 volte quella di qualsiasi tipo di agrumi; contiene inoltre vitamine del complesso B, come la B1, B2 e B6, e ancora manganese, potassio, ferro, calcio e fosforo. Fino a pochi decenni fa si fabbricavano delle pasticche impastate con il decotto delle giuggiole: curavano ed erano simili a delle caramelle da succhiare. Non a caso le celebri pastiglie “Valda”, a base di essenza di eucalipto e balsamiche per la gola, nel nostro dialetto sono dette ’i ggiúng’le, perché probabilmente associate alle pasticche sopra ricordate.

Brodo di giuggiole

Ingredienti:

Preparazione:
raccogliere le giuggiole quando cominciano a raggrinzire e praticare in ognuna un taglietto per mezzo del quale eliminare il nocciolo. Mettere 1 Kg di giuggiole e 1 Kg di zucchero a bollire in 1 litro d’acqua per un’ora e mezza e a pentola scoperta. Unire fettine di mele cotogne e abbondante buccia di limone grattugiata. In alternativa, aggiungere uva passa e fettine di altri frutti a scelta. Man mano che l’acqua si restringe, non prima di un’ora, aggiungere il vino un po’ alla volta, in modo che il brodo alla fine rimanga composto prevalentemente di vino e non di acqua. Far raffreddare il brodo di giuggiole e consumarlo insieme a dei biscotti secchi o a una bella fetta di torta.

di Gildo Giannotti (da lafonte.tv)

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