Cesima sulle porte di bronzo di Montecassino

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Il monastero di “Sanctus Benedictus de Cesima” ai confini di Campania e Molise

di Franco Valente - fb

23 ottobre 2019

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S(anctus) Ben(edictus) de Cesi/ma cu(m) o(mn)ibus p(e)rtin(entiis) suis

CESIMA SULLE PORTE DI BRONZO DI MONTECASSINO

IL MONASTERO DI “Sanctus Benedictus de Cesima” AI CONFINI DI CAMPANIA E MOLISE.

E’ noto che le cosiddette rocche sannitiche sono frequenti nel territorio ed hanno sempre una consistenza muraria di grande rilevanza, ma è altrettanto certo che nel territorio esiste una miriade di piccoli recinti ben definiti da sistemi murari che, pur non avendo le caratteristiche delle difese ciclopiche, sembrano in grado di offrire una sorta di difesa .Se ne trovano in grande quantità, per esempio, su monte Cesima (Sesto Campano-Presenzano) o comunque nelle zone di montagne aventi una particolare conformazione per la disponibilità non solo di vaste aree da destinare ai pascoli, ma anche di terreni da volgere ad attività agricole.

Alcune di queste strutture costituirono le basi sulle quali 

Come spesso accade noi conosciamo la nostra storia attraverso la storia di vertenze economiche oppure dalla cronaca di fatti militari.

Per capire cosa sia successo a Cesima, sul confine dell’attuale Molise e la Campania, dobbiamo necessariamente andare ai primi anni del Secondo Millennio della Cristianità quando Montecassino fu al centro di una complicata vicenda che oggi definiremmo internazionale.

Secondo il Chronicon Casinense, i conti Pandolfo e Gisulfo di Teano e, con un un atto separato, i figli di Unzo di Conca (della Campania), donano a Monte Cassino, tra le altre cose, i loro possedimenti “de Cesima”. A quell’epoca abate di Montecassino era Atenulfo (1011-1022).

La questione va inquadrata nel contesto degli avvenimenti che stavano determinando una complessa e intrecciata serie di rapporti di forze nell’area longobarda a seguito di una scelta di campo di Pandolfo IV, principe longobardo di Capua, e Atenolfo, fratello di Pandolfo IV e abate di Montecassino.

Costoro avevano mostrato interesse alla causa bizantina contestando l’autorità degli Ottone che dalla Germania cominciavano a mostrare serie preoccupazioni per i tentativi di espansione di Bisanzio sul limite più meridionale dell’impero.

Papa Benedetto VIII in questa vertenza si era schierato dalla parte dell’imperatore Enrico II non solo condividendo le sue preoccupazioni, ma recandosi di persona in Germania per invitarlo ad intervenire militarmente per ripristinare l’autorità imperiale nella Longobardia Minore.

Non solo. Il pontefice intervenne anche nel monastero di Montecassino destituendo Atenolfo e sostituendolo con Teobaldo, monaco di sua fiducia.

Nel 1022 Enrico II, con un esercito di settantasettemila soldati, scendeva in Italia dirigendosi verso la Puglia per fare fronte alle minacce espansive dei Bizantini. Qualche anno prima Bojannes, inviato da Basilio imperatore di Bisanzio, aveva mandato a Pandolfo III principe di Capua e fratello di Atenolfo, abate di Montecassino, una non piccola quantità di denaro ("non parvam pecuniae summam") perché gli fosse permesso di attraversare la Longobardia per inseguire Datto che si era rifugiato sul Garigliano .

In effetti non si trattava solo di farsi autorizzare un passaggio, ma di avviare una concreta trattativa perché si assecondasse il desiderio di Basilio di spostare i confini dell’impero dalla Puglia inglobando la Longobardia, che costituiva l’estremo limite meridionale dell’impero carolingio.

Troviamo il monastero di S. Benedetto di Cesima citato la prima volta nel diploma del 1038 dell’imperatore Corrado II e in quello successivo di Enrico III di Sassonia del 1047.

Ambedue le volte è definito "cella de Cèsame". 

Poi ritroviamo “S. Benedicti in Cèsamo” nel privilegio papale del 1057 insieme a “S. Bartholomei in Miniano”, una chiesa che è stata data da Alferius e Stephanus, suo figlio, quando presumibilmente era abate Basilius nell’agosto 1034 secondo quanto racconta Pietro Diacono nel suo “Registrum” o probabilmente sotto l’abbaziato di Teobaldo, secondo la ricostruzione di Herbert Bloc (H. BLOCH, Monte Cassino in the Middle Ages, Roma 1986).

“ In nomine domini nostri Iesu Christi. Nono decimo (anno) principatus domni Pandulfi (1034) et sexto decimo anno principatus domni Pandulfi fili eius gloriosis principibus, mense Augusto (1035), secunda indictione (1034) “. “Idem offerumus (sic) in monasterio Sci Bene¬dicti situs in monte castro Casino. Idem una petia de terra nostra quem habemus.... “. 

Poichè Teobaldo è morto il 3 giugno, 1035, è presumibile che l’atto di donazione sia precedente all' anno 1035.

Tenendo conto che S. Benedictus de Cesima non è ancora incluso nel diploma di Enrico II del 1014, è probabile che il cenobio di Cesima sia stato dato a Monte Cassino tra quella data e quella della morte di Teobaldo del 1035.

Il 6 agosto 1273 l’abate Bernardo I assegna i redditi di S. “Benedictus de Cèsamo”, con quelli di altre dipendenze, all’hospitale Casinense. 

Due libri del monastero di Cesima sono elencati nell'inventario dei beni cassinesi del 1464-71 (Catalogi Codicum Casinensium Antiqui) 

La chiesa poi è diventata un beneficio ecclesiastico che veniva conferito dagli abati di Monte Cassino (1499-1548).

Nei documenti seguenti la chiesa viene definita “S. Benedictus “ della Ginestra e inclusa nel territorio di Presenzano, nella “contrada” ad Cèsano” o “de Cesma”.

di Franco Valente - fb

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