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Il Maestro severissimo

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I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre

di Vincenzo Colledanchise

16 settembre 2019

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Al mattino presto, il netturbino riforniva di legna la scuola, sistemandola vicino alla stufa di creta. Il maestro, poi, minuziosamente ne sceglieva un pezzo, possibilmente lineare e senza molti nodi, e lo faceva roteare tra le mani. 

Noi alunni non avevamo scelta. Eravamo costretti a spremere le meningi e ricordare la sua lezione, se non volevamo assaggiare quel legno sulle nostre mani.

Chi era sorpreso impreparato, già sapeva che la dose minima dei colpi che gli sarebbero stati inferti sulla mano era di dieci legnate. Poi si continuava, fintanto che il malcapitato non si decideva a ringraziare il nostro marziale educatore. 

Il limite massimo fu di 60 colpi. Tanti ne subì Vincenzo, che per il suo cocciuto carattere perdurò nello stoico silenzio. E fu il maestro ad arrendersi e a desistere quando gli vide la mano sanguinare. 

Vincenzo non gli volle dire grazie né in quella circostanza né mai. Noi altri, invece, continuammo a farlo fino agli esami di quinta, quando salutando il maestro finalmente dicemmo addio al terrore e alle bacchettate.

di Vincenzo Colledanchise

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