Il Molise deve diventare una “COMUNITA’ COMPETENTE”

Visite: 417

Bisogna puntare su cultura e turismo

di Antonio Ruggieri 

5 settembre 2019

Back 

Pubblichiamo un articolo di Antonio Ruggieri contenuto nel numero de il Bene Comune in edicola

Il fatto che la cultura e il turismo dall’attuale Giunta regionale siano stati assegnati ad un assessorato unico è un fatto positivo, che però ha bisogno di una radicale e decisa azione riformatrice per produrre i risultati alla sua portata. Quest’ultima non sembra essere nell’agenda dell’assessore al ramo Vincenzo Cotugno

Antefatto

La primavera del 2018, dopo le elezioni regionali vinte dal centrodestra con Donato Toma il 22 aprile, l’assessorato alla cultura, finalmente unito a quello per il turismo, viene assegnato a Vincenzo Cotugno che nella legislatura precedente era stato presidente del Consiglio in quota “Rialzati Molise”, annesso (insieme al suo ingombrante e potentissimo cognato Aldo Patriciello leader di Forza Italia e parlamentare europeo) alla maggioranza di centrosinistra (diciamo così…) di Paolo Frattura, il quale alla cultura aveva delegato un altro cognato, il suo, Domenico Ioffredi, detto “farfallino” per il vezzo leggiadro d’indossare questa foggia di cravatta in situazioni più o meno istituzionali.

>Con Ioffredi, per un accordo tacito col suo parente “aziendalista” (così si era qualificato Frattura proveniente dal centrodestra, presentandosi a capo di un centrosinistra a dir poco disorientato), l’assessorato alla cultura era praticamente sparito, cannibalizzato dalla Fondazione Molise Cultura in house della Regione, affidata dopo giri di valzer rocamboleschi, dichiarazioni e smentite repentine, alla fidata (per Frattura) Antonella Presutti, in collaborazione immarcescibile e poco trasparente con Sandro Arco, un personaggio sul quale abbiamo detto tanto e reiterate volte, la cui vicenda politica, esistenziale, culturale verrebbe da dire, meriterebbe un trattamento approfondito e a parte, in quanto rappresenta tristemente l’uomo pubblico nuovo, trasversale, post-ideologico, che guarda alla politica in termini di potere e di protezione personale, che popola e ha ormai stolidamente colonizzato lo spazio istituzionale del nostro povero Paese allo stremo.

Cotugno, all’atto del suo insediamento non lesina dichiarazioni d’impatto, lasciando intendere che l’unificazione dell’assessorato alla cultura con quello al turismo avrebbe segnato una svolta per le politiche regionali in questo settore.

Una Fondazione a tutto Campo…

A un anno dalle dichiarazioni mirabolanti e dalle intenzioni lasciate intendere, si deve constatare che per il comparto della cultura e del turismo molisano la situazione è rimasta identica, casomai aggravata da una situazione ulteriormente incancrenita e da un quadro politico sempre più surreale, per la situazione nazionale, i suoi sviluppi rutilanti e i riverberi nella nostra piccola, tenera e marginale regione. La Fondazione Molise Cultura, ancora in house, non ha subito cambi nella governance, con quella stabilita da Frattura riconfermata in pompa magna da Toma e Cotugno. Alla compagine direzionale storica si è aggiunto casomai Valentino Campo, che con “Poietika”, della quale detiene la direzione artistica, occupa ormai una spazio verticale, pluristagionale, della programmazione del sodalizio.

Campo (all’anagrafe sarebbe Camposarcone) in esordio era partito dall’ambito suo, la poesia, proponendo performance e confronti fra poeti provenienti da diverse parti del mondo; poi unitamente a Tèkne, un’associazione culturale che compare ormai irrinunciabilmente nella programmazione e nella gestione di Poietika, ha allargato l’ambito della proposta: dalla fotografia al teatro, alla musica, all’audiovisivo, fino alla filosofia e all’economia applicata. Con quali competenze Campo si intesti la direzione di questo coacervo ormai caotico di attività, è un mistero che passa in cavalleria nel Molise che ci troviamo ad abitare. Quello che però non dovrebbe essere consentito o quantomeno sottoposto a un dibattito plurale e approfondito, è il presupposto teorico, programmatico, sul quale è impalcata la programmazione della Fondazione Molise Cultura e di Poietika in particolare: che cioè l’eclatanza degli eventi proposti farebbe da volano alla promozione dei nostri territori, con un’attesa d’incoming turistico, in alcuni casi addirittura dichiarato con tanto di cifre.

Prendiamo il progetto imbastito intorno all’opera di uno dei più grandi fotografi contemporanei, Steve Mc Curry. Viene invitato a Campobasso a metà settembre dell’anno scorso, nell’ambito di Poietika per una lectio magistralis al Teatro Savoia. In quella circostanza imbarazzante per la debordante passerella di politici che la introdussero, fu annunciato che Mc Curry, rimasto affascinato dal Molise,  avrebbe realizzato un reportage sulla nostra regione e che sarebbe tornato l’anno nuovo per portarci una mostra dei suoi scatti più significativi. La prima promessa è andata perduta nell’enfasi trionfalistica con cui è stato trattato l’evento; per la seconda, dalla fine di gennaio alla fine di aprile, nei locali dell’ex Gil, è stata allestita Icons, l’esposizione di 100 fotografie, bellissime, fra le più rappresentative del grande fotografo, compresa quella a Sharbat Gula, la ragazza afgana immortalata nel 1984 in Pakistan, che lo ha reso famoso in tutto il mondo. Va detto, per informazione completa e corretta, che Icons gira da anni in Italia e all’estero e che Mc Curry non era addirittura presente alla inaugurazione della mostra, affidandone la presentazione e l’allestimento alla sua curatrice e produttrice Biba Giachetti, che lo aveva già accompagnato nella sua visita campobassana precedente.

Proprio mentre s’apriva la nostra esposizione, Mc Curry era a Milano, al MUDEC (il Museo delle Culture), per inaugurare la sua nuova mostra intitolata Animals. Toma e Cotugno al vernissage di Icons dissero, con un’espressione compiaciuta fra il tenero e il patetico, di aspettarsi tanti visitatori da fuori regione, per un evento di caratura straordinaria; davvero però, non si capisce perché questo sarebbe dovuto accadere, in considerazione del fatto che quella mostra gira da anni in Italia, con tappe anche in città di provincia (Otranto, Forlì e Sansepolcro fra le altre). Oltretutto, per i mesi d’apertura della mostra ma ancora adesso, l’ingresso della sala espositiva, quello del palazzo dell’ex Gil che da su via Genova, è stato sovrastato da un trabattello di legno grezzo realizzato alla bell’e meglio, affiancato da un montante di sostegno a una struttura evidentemente malferma, affiancato da una transenna col nastro di plastica rosso e bianco di segnalazione.

E’ in definitiva la vecchia e mai risolta questione del “provincialismo” col quale maldestramente ci confrontiamo, segnatamente dall’epoca auspiciosa, trionfante e democristiana della modernizzazione (di media incidenza) che ci ha traghettato dall’agro-pastorizia a una terziarizzazione arretrata e parassitaria, i cui nodi adesso sono venuti al pettine. Soprattutto i molisani con meno uso di mondo, quelli maggiormente irretiti dal “molisolamento” e da un minoritarismo culturale maldestramente celato,  hanno pensato e pensano che “facendo venire” il nome di richiamo da “fuori” si possa sconfiggere la marginalità che patiamo, in modo da far uscire la nostra regione dal cono d’ombra nel quale si trova, per farle mettere a frutto alcune sue vocazioni potenti e conclamate. Questa dispendiosa, faticosa e tutto sommato patetica prospettiva, quasi sempre si risolve in un sonoro bagno economico, in un lavoro rocambolesco di contatti e di spostamenti (anche in considerazione di come siamo messi dal punto di vista delle infrastrutture stradali, ferroviarie e aeroportuali) e in una considerazione imbonitoria e di sufficienza del “famoso” di turno che se ne torna dove è venuto, non senza fare apprezzamenti, qualche volta motivati e qualche altra ingenerosi, a proposito dell’assetto complessivamente mediocre della nostra condizione.

Il marketing della produzione evenemenziale della Fondazione Molise Cultura si dirige innanzitutto nei confronti di un target cospicuo, locale e generalmente bendisposto, costituito dalle scuole molisane di ogni ordine e grado, raccolte in pullman di trasferimento, alle quali viene praticato un “biglietto di favore” per fare numero e cassa.

Il futuro non è un evento, è un progetto ragionato da mettere in opera

La Fondazione Molise Cultura, nelle numerose trasformazioni che ha subito, si è trasformata in un eventificio dipendente strutturalmente dalla parte politica che lo detiene in house, amministrato da persone e personaggi graditi ad essa, sottratti a una selezione di qualsiasi genere, che amministra una quota considerevole del capitolo regionale di spesa destinato alla cultura, destinandolo al sostegno di progetti stabiliti in maniera autocratica nella migliore delle ipotesi, quando non sollecitati da lucrosi e poco trasparenti interessi. Vandana Shiva che l’anno passato ha incontrato i cittadini molisani al Savoia svolgendo una conferenza in inglese tradotto in differita non senza le difficoltà del caso (la traduzione sarebbe potuta essere simultanea e pubblicata scritta su un visore dal palco a beneficio della fluidità del suo intervento), avrebbe potuto incontrare gli agricoltori iscritti alle associazioni di categoria, quelli dell’Associazione Italiana Agricoltura Biologica del Molise, i rappresentanti del Biodistretto di Larino e i titolari delle numerose forme di neoruralismo che cominciano a popolare le nostre campagne.

Dubito che Campo o chi per lui ha organizzato l’evento abbia preso in considerazione questa eventualità che avrebbe stabilito un contatto fecondo della grande agroecologista con chi sta cercando di innovare nel senso della sostenibilità e della tutela ambientale la nostra agricoltura; si è scelto “provincialisticamente” di chiamare il nome in cartellone per riempire il teatro. Eppure nel Molise tanti, da punti di vista differenti e in diversi ambiti, da tempo, lavorano a progetti  frutto di un’analisi approfondita, con collaborazioni professionali smaglianti, reperite a livello locale ma anche altrove, che conseguono risultati proficui, non tenuti nella considerazione che meritano solo dai nostri decisori istituzionali, non sempre adeguati per cultura e sensibilità al ruolo che si trovano a svolgere. L’Unione Lettori Italiani, per esempio, con la direzione artistica di Brunella Santoli, la presidenza di Nicoletta Sammartino e la collaborazione attiva di un nutrito gruppo di attiviste (sono donne per la maggior parte), da anni ospita a Campobasso i nomi di primo piano del panorama letterario nazionale, favorendone l’incontro col mondo della scuola e con quello di chi i libri li legge e li scrive.

Un progetto di grande rilievo qualitativo, connesso a una rete nazionale (quella dell’ULI) che collabora con la Scuola Holden di Baricco ma radicato nel nostro tessuto culturale, fecondo, morigerato e trasparente nei costi di gestione; soprattutto aperto al contributo di chiunque voglia prendervi parte. Altro esempio di eccezionale e oggettivo rilievo di come e a che livello sappiano operare i nostri operatori, è costituito dal Circolo della Zampogna di Scapoli, animato con sagacia e competenza da Antonietta Caccia, da Angelo Bavaro e da un gruppo di affezionati loro compaesani. Il Circolo è uno dei 200 consulenti UNESCO per le politiche culturali e viene invitato con regolarità alle assemblee che l’organismo internazionale svolge, ogni volta in un luogo diverso del pianeta. Inoltre, la storica associazione scapolese edita la rivista Utriculus con un abstract tradotto in inglese, che viene inviata agli abbonati e ai soci del Circolo in Italia e all’estero.

Infine, il Teatro del Loto e la cooperativa Teatri Molisani che lo gestisce, unico soggetto di produzione teatrale molisano finanziato dal Fondo Unico per lo Spettacolo del Ministero, grazie al talento e alla capacità gestionale e promozionale di Stefano Sabelli e dei suoi giovani collaboratori, porta spettacoli teatrali scritti e allestiti a Ferrazzano in tutt’Italia, riscuotendo plausi e consensi di critica; assumendo, oltretutto, professionalità riconosciute del panorama teatrale nazionale, chiamate a lavorare con i nostri migliori attori o con quelli giovanissimi emergenti. Per “La Locandiera” adattato da Sabelli da Goldoni, con Silvia Gallerano e Claudio Botosso (nomi di rilievo del panorama della prosa nazionale), hanno recitato fra gli altri Chiara Cavalieri, Diego Florio, Eva Sabelli, Giulio Maroncelli e il fisarmonicista Angelo Miele. Lo spettacolo fra il 2017 e il 2018 ha girato in tutta Italia, raccogliendo consensi unanimi. “Moby Dick, la bestia dentro” Sabelli lo ha allestito nel 2018 e lo ha interpretato insieme a Giammarco Saurino, noto al pubblico televisivo perché è uno dei protagonisti del serial “Che Dio ci aiuti”, affidandone la regia e la scrittura drammaturgica al napoletano Davide Sacco e le musiche al magnifico Giuseppe “Spedino” Moffa da Riccia. Anche questo spettacolo ha girato i teatri di mezza Italia.

E’ degno di nota (ma anche di una riflessione approfondita) che né “La locandiera” né “Moby Dick” sono andati in scena al teatro Savoia di Campobasso, su un palcoscenico che dista pochi chilometri da dove gli spettacoli sono stati concepiti e allestiti, nella città dove Sabelli è nato e ha lavorato per anni; questo è accaduto perché il Teatro Savoia è gestito dalla Fondazione Molise Cultura, della quale Sabelli negli ultimi anni ha aspramente criticato le scelte e la gestione.

Per una Fondazione di partecipazione

Da in house della Regione, cioè da struttura escludente e chiusa alla partecipazione e all’apporto di altri soggetti pubblici e privati, la Fondazione Molise Cultura dovrebbe essere trasformata in una Fondazione di partecipazione, aperta al contributo dell’Università e del Conservatorio, dei Comuni maggiori e di quello capoluogo di regione innanzitutto, che adesso subisce passivamente la programmazione culturale del duo Arco/Presutti e dello sfrangiato e per niente chiaro cerchio di collaborazione del quale si è circondato. In forme da stabilire ma già proficuamente sperimentate da altre regioni poi, il sodalizio dovrebbe consentire la partecipazione dell’associazionismo culturale e di tutti i soggetti che in forme differenti danno vita all’animazione culturale dei nostri territori.

Dal punto di vista economico inoltre, la Fondazione dovrebbe ricercare il contributo dei privati che potrebbero usufruire dei vantaggi fiscali messi a disposizione dalla normativa attuale. E’ una riforma urgente e di buon senso, che sanerebbe un’anomalia: quella della Fondazione in house a carico totale della Regione, che non esiste in nessuna altra parte d’Italia. La Regione  d’altronde, in questi ultimi anni è uscita dalla Gam e dallo Zuccherificio decretando il fallimento di queste strutture produttive, sostenendo che l’Ente non deve commerciare polli o produrre zucchero; non si capisce perché debba gestire il teatro, la musica o le arti visive; ambiti nei quali, operano tanti nostri giovani conterranei i quali, con dedizione e sacrificio, hanno ottenuto ruoli e riconoscimenti di valore ineccepibile ben oltre i confini regionali.

Turismo è cultura

Con questo slogan Cotugno ha inaugurato e istradato il suo mandato, volendo significare il fatto positivo e di non poco conto, che l’assessorato alla cultura era stato messo insieme a quello per il turismo; e fin qui siamo all’esordio. Per completezza va detto che non solo la cultura è turismo, perché lo è altrettanto l’agricoltura come dimostrano esperienze diventate ormai paradigmatiche, naturalmente lo è l’ambiente e addirittura lo sono le politiche sociali, se sanno comunicare un’immagine civile e accogliente dei luoghi nei quali s’irradiano. Il turismo è un “clima” che investe e riguarda ogni aspetto della comunità che intende proporsi, anche quello apparentemente meno significativo; se piove o fa il sole in qualche luogo, lo fa dappertutto. Il turismo funziona esattamente così.

A novembre del 2018 comunque, al cinema Sant’Antonio di Termoli, Cotugno organizza gli stati generali  della cultura e del turismo per un’affollata platea composta di persone accuratamente selezionate e convocate; dopo una passerella istituzionale fatta sfilare sulla testa (e la sopportazione) degli “ascoltatori” presenti, annuncia un piano strategico territoriale per il turismo, che per la cifra affatto modesta di 1.300.000 euro affida ad un altro sodalizio in house della Regione (evidentemente le piace giocare “in casa”), Sviluppo Italia Molise, società per azioni che ha come socio unico l’Ente di palazzo Vitale. Per compagine e attività pregressa, Sviluppo Italia Molise non sembra essere la scelta maggiormente proficua per la produzione dell’impegnativo documento progettuale.

L’Università del Molise d’altronde, che a Termoli ha istituito un “polo turistico” con tanto di Osservatorio e di Centro studi per il settore, inopinatamente, per decisione dell’allora Rettore Palmieri, affida l’incarico di collaborare alla redazione del piano strategico alla facoltà di Economia. Il 5 febbraio 2019 intanto, Cotugno, esattamente nel solco di quanto aveva fatto Frattura lo scorso anno, emana il bando “Turismo è cultura”, dotato di 1,8 milioni di euro, per finanziare iniziative promozionali che abbiano luogo nell’ambito del territorio regionale entro la fine dell’anno in corso, che comportino una previsione di spesa di almeno 20.000 euro e che la Regione finanzia per il 50%, fino ad un massimo di 60.000 euro.

Al bando, indistintamente, sono ammesse imprese, enti pubblici, parrocchie, associazioni culturali e Pro loco, in un coacervo amministrativo che fa dichiaratamente e protervamente a meno della programmazione, che si affida alla vivacità locale decentrata, chiedendo ai proponenti (generalmente no profit) di contribuire considerevolmente, per la realizzazione dell’iniziativa proposta. Una filiera di programmazione corretta e feconda avrebbe dovuto puntare in via preliminare sul piano strategico territoriale per il turismo e la cultura, in modo da individuare gli ambiti e i settori sui quali puntare con decisione e convinzione; a quel punto sarebbe stata comprensibile la messa a bando delle iniziative e delle manifestazioni di maggiore spessore ed efficacia per la realizzazione degli obiettivi individuati in sede strategica.

Il bando emanato dalla Regione invece, come nella notte in cui tutte le vacche sono nere, mette tutto nello stesso calderone: la carrese di San Pardo e i Misteri con la sagra paesana o con una sofisticata iniziativa d’innovazione culturale e pubblica la graduatoria di assegnazione dei fondi messi a bando il 20 giugno 2019, cioè quando, realisticamente, chi doveva realizzare le iniziative con le quali aveva preso parte all’avviso pubblico, aveva giocoforza dovuto programmarle senza tenere in considerazione l’esito del bando e l’eventuale suo contributo, a meno che non avesse avuto da qualche parte rassicurazioni sull’esito della sua domanda. A ribadimento di una modalità operativa incongruente e capovolta, proprio a valle della pubblicazione del bando che assegna i fondi per il turismo e la cultura, proprio in questi giorni torridi di metà luglio, Cotugno annuncia che il Piano strategico è pronto, che sarà presentato quando prima in Giunta per passare poi alla definitiva approvazione in Consiglio regionale.

Il documento è stato redatto attraverso il coinvolgimento, nei tavoli tematici, di circa 800 fra soggetti pubblici e privati e si annuncia come una sorta di masterplan per le attività regionali nei settori della cultura e del turismo. Ottimo segnale per rimettere in ordine la filiera di programmazione e di gestione delle politiche per la cultura e per il turismo fondamentali per il Molise degli anni venturi, come si dice da più parti, ma da ormai troppo tempo.

Conclusione

Il Molise piccolo, tenero, marginale e poco comunicativo, la nostra regione abitata da un po’ meno di 300.000 persone sparpagliate in 136 comuni, ottima parte dei quali non arriva a 1.000 abitanti con un’età media fra i 70 e i 75 anni, ha una sola possibilità per fronteggiare la crisi che ha minato alla base la sua possibilità di sopravvivenza: diventare una comunità competente. Il modello di sviluppo che ha indirizzato e sostenuto la nostra modernizzazione (di media incidenza), fondato sui finanziamenti ingenti provenienti dai centri spesa, è stato capace di costruire un blocco sociale conservatore che nel tempo s’è fatto mentalità, atteggiamento sociale e cultura antropologica della nostra cittadinanza.

Quella fase però è ormai da tempo venuta a consunzione e la politica regionale stenta a saper fronteggiare adeguatamente la crisi in atto, inviluppata com’è in un lungo e pernicioso processo di transizione del quale non si vede la soluzione a breve. Dobbiamo metterci in grado di superare le resistenze del vecchio blocco conservatore ormai scompaginato per costruire un nuovo blocco sociale, questa volta progressista, basato sulla partecipazione attiva dei cittadini alla vita pubblica e su un’idea del nostro futuro che metta a fondamento l’autenticità (richiamandoci ai valori e alle testimonianze di quello che siamo stati), l’innovazione (mettendo in campo le idee migliori per diventare quello che vorremo essere) e la solidarietà (che ci faccia sentire protagonisti di un nuovo umanesimo accogliente e inclusivo che lenisca innanzitutto lo spopolamento che ci affligge).

Dovremo diventare una comunità competente in grado di saper leggere e riconoscere le sue vocazioni, quelle territoriali e quelle antropologiche, affinché sappiamo costruire su di esse un nuovo modello di sviluppo equo socialmente, per il quale il rispetto dell’ambiente non rappresenti un limite alla produzione dei prodotti e dei servizi ma il suo basamento ideale e il suo obiettivo strategico. Dobbiamo riconquistare e riabilitare il nostro Spirito Pubblico negletto, mortificato da una cultura individualistica cresciuta nella convinzione che “quello che è di tutti è di nessuno”.

Dobbiamo imparare a riconoscere e valorizzare i nostri talenti per metterli al servizio di tutti, del bene comune, invece che del loro egoistico interesse. Dobbiamo sostituire alla cultura equivoca e in fondo deprimente della competizione, quella feconda e gioiosa della solidarietà. Tutto questo, in definitiva il nostro futuro, non è altro che un articolato piano strategico del quale la cultura e il turismo rappresentano una parte d’impianto fondamentale; per questo speriamo e ci aspettiamo che in questi ambiti si agisca con un’intenzione innovativa e radicale.

Per questo faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità affinché ciò avvenga, e quanto prima.di nudisti. Dopo l’imbarazzo iniziale, tutto sarà naturale. E, a quel punto, ci sembrerà inutile la privacy così come i vestiti in un campo di nudisti. Liberi e felici senza alcun nascondimento. Non era forse così nel paradiso terrestre?

di Antonio Ruggieri 

Back