L'ultimo volo dell'angelo

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I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre

di Vincenzo Colledanchise 

20 giugno 2019

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Nel giorno del santo patrono, a San Mercurio, durante la processione, un bambino con la veste e le ali degli angeli veniva sospeso con una lunga fune tra il balcone di Palazzo Magno e il torrione del campanile. Tra la commozione della gente, recitava una breve preghiera per implorare protezione per l'intera comunità.

Nel 1928 avvenne che l'angelo, vivace e poco ubbidiente, spiccò il volo con troppa foga e andò a sbattere contro la base del campanile. Niente di grave: fu prontamente soccorso per le ferite riportate alla testa. Ma non essendosi pensato a un eventuale sostituto, la preghiera di benedizione andò a farsi benedire.

La comunità torese, che vide nell'incidente un presagio funesto, coniò un detto, poi divenuto proverbiale: "Se z'e sfasciate 'a cocce l'angelille, feguràmece jècche ci ha da capetà a nu", (Se si è rotta la testa dell'angioletto, figuriamoci cosa deve capitare a noi!).

Dal canto suo il parroco, che non ne poteva più di quella che lui riteneva una sceneggiata, si limitò a proferire con sarcasmo un tipica frase augurale: "A mmeglie a mmeglie a uanne che vè" (Di meglio in meglio, l'anno prossimo!). 

Fu quello l'ultimo anno che l'angelo spiccò il volo sul campanile di Toro.

(Foto: Balcone di palazzo Magno di Toro con la scala e la fune che serviva per il volo dell'angelo durante la festa patronale.)

di Vincenzo Colledanchise 

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