Chierichetto in convento a tempo pieno

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I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre

di Vincenzo Colledanchise

14 giugno 2019

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Nei primi anni sessanta per quei ragazzi che abitavano lungo il viale che conduceva al convento era impossibile non essere attratti dal richiamo irresistibile di quell’ affascinante luogo di culto abitato dalla piccola comunità di frati, non più di tre, con l’immancabile frate laico questuante.

Il convento non era particolarmente grande, munito di una serie di piccole disadorne celle che si intervallavano per ognuno dei quattro corridoi che, al primo piano, giravano intorno al chiostro. 

Nel piano terra vi era una grande cucina e una cantina e, di fronte, un refettorio col grande adiacente salone riservato per le grandi occasioni o messo a disposizione per festeggiare qualche matrimonio.

All'esterno vi era un grande orto e giardino, con due stalle, una a ridosso della cucina e l’altra che fungeva da pollaio e piccionaia, isolata presso il grande cipresso.

La vita che scandiva i giorni di quella comunità era semplice, dopo aver assolto agli impegni liturgici i frati si dedicavano allo studio o alla preghiera, ma anche all’ intrattenimento e all’ educazione dei ragazzi. I ragazzi più assidui partecipavano al coro per accompagnare melodiosamente le solenni novene, e nel contempo, facevano a turno i chierichetti.

Io indossai per la prima volta la cotta di chierichetto fin da piccolo e solo perché grazie a quel ruolo mi era consentito giocare a bigliardino o vedere la televisione, che quasi nessuno aveva in paese. 

Per poter essere pronti a servire la prima messa delle sei del mattino, ci fu richiesto dal padre Guardiano, a me e Gaetano, di dormire in una delle celle vuote. Solo che ero troppo piccolo per resistere la prima notte, da solo, a sopportare le grida isteriche di un vecchio frate affetto da arteriosclerosi e, soprattutto, intimorito per la visione di un teschio posto sopra il comodino che l’oscurità del chiostro rendeva ancor più tetro. 

Il compito del chierichetto prima della riforma conciliare era importante perché non si limitava al puro servizio presso l’altare: era il solo preposto a recitare insieme all’officiante le formule liturgiche in latino, e dover salmodiare in quella lingua per me era un vero tormento, per tale motivo ero malvisto dalle pie donne che sedevano in prima fila, che puntualmente mi rimproveravano alla fine della messa.

di Vincenzo Colledanchise

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