Matese, laboratorio di rinascita

Visite: 310

Progettare il futuro dell’area matesina in chiave policentrica, partecipata ed innovativa, riscoprendo le vocazioni storiche del territorio 

di Rossano Pazzagli (La Fonte, aprile 2019)

8 aprile 2019

Back  

Soprattutto a partire dalla metà del ‘900, mentre si celebravano i fasti del boom economico, l’Italia è scivolata a valle, colpita da un terremoto silenzioso e da un’alluvione demografica: l’abbandono delle campagne e delle zone interne. Una deriva territoriale che ha progressivamente aumentato le differenze tra aree forti (le città, le pianure centrali, qualche tratto di costa) e i territori interni (le campagne, le montagne, i borghi rurali). 

Oggi, nell’orizzonte della crisi economica e ambientale che attanaglia il nostro tempo, è venuto il tempo di un riequilibrio e si affaccia la necessità di risalire, di tornare a pensare alle terre abbandonate e ai paesi dimenticati. Il Matese è la prima area interna del Molise a dare il via ad un programma di interventi sostenuti dalla Strategia Nazionale Aree Interne (Snai), frutto di una programmazione dal basso condotta dai sindaci dei 14 comuni coinvolti, con il supporto della Regione, del Comitato Nazionale Aree Interne e del Centro ArIA dell’Università del Molise. I comuni di Castelpetroso, San Massimo, Santa Maria del Molise, Cantalupo, Roccamandolfi, Bojano, Colle d’Anchise, Spinete, San Polo Matese, Campochiaro, Guardiaregia, Sepino, San Giuliano del Sannio, Cercepiccola, possono ora beneficiare di un programma di quasi 7 milioni di euro, per interventi di potenziamento dei trasporti, il rafforzamento della rete di emergenza-urgenza e l’aumento delle farmacie e del numero degli infermieri di comunit, il rilancio del sito archeologico di Altilia, il miglioramento dell’accessibilità all’antica via del Tratturo, l'aumento delle competenze dei giovani e altre iniziative di sviluppo rurale e ambientale, come la “banca della terra”, la rete dei sentieri, le cooperative di comunità. Non ci può essere sviluppo senza comunità, ma per rigenerare le comunità sono necessari opportunità d lavoro e servizi, a partire da quelli essenziali: la salute, l’istruzione, la mobilità.

Il protagonismo virtuoso di questi piccoli comuni, capitanati dal sindaco di Spinete Andrea Romano, può costituire un’arma per combattere la piaga dello spopolamento e la sfiducia delle comunità locali, ridotte all’osso da un modello di sviluppo che guardava all’industrializzazione alla grande impresa, senza considerare le reali vocazioni del contesto locale. Il rapporto tra Università e territorio, in particolare tra il Centro di Ricerca per le Aree Interne e i soggetti locali, ha costituito un elemento di valore per portare a compimento una Strategia che punta a sperimentare una svolta “culturale” nell’approccio alle problematiche socio-territoriali, basata sulla costruzione collettiva di una vision condivisa per il territorio del Matese, in uno scenario di sviluppo di medio-lungo periodo che coinvolga una moltitudine di attori locali, non limitato all’attivazione di finanziamenti, ma mirante all’incremento del capitale sociale.

L’attuazione degli interventi previsti a partire dal 2019 consentirà di avviare un processo che prevede il costante monitoraggio dei risultati attesi, identificati in primo luogo nell’arresto dello spopolamento (che è il fine ultimo della Strategia nazionale), nel miglioramento della governance territoriale, della mobilità interna ed esterna all’area, della messa in valore e gestione del patrimonio territoriale e in particolare delle risorse naturali e storico culturali presenti nell’area matesina. Tutto ciò associato alla implementazione dei servizi socio-sanitari di prossimità e al miglioramento dell’istruzione attraverso l’attivazione di nuovi percorsi educativi e formativi.

Come si vede è una impostazione del tutto diversa dalla vecchia idea dello sviluppo centrato solo sull’aspetto economico e territorialmente polarizzato, indotto da imprese e capitali esterni, che ha già mostrato la sua invasività e la sua incapacità di durare nel tempo. Qui si è trattato di progettare il futuro dell’area matesina in chiave policentrica, partecipata ed innovativa, riscoprendo le vocazioni storiche del territorio, riassunte nel titolo del programma: il Matese della natura, il Matese rurale, il Matese dei paesi. Ciò significa che le risorse naturali (il bosco e le acque in primo luogo), la ruralità (agricoltura e allevamento) e la rete dei borghi che costellano le pendici e la vallata del Matese devono essere considerati i punti forti del patrimonio territoriale. In tale ottica, la crescita della conoscenza di questo patrimonio e lo sviluppo di una ritrovata coscienza d luogo sono considerati come elementi importanti per contrastare l’abbandono delle terre e per la valorizzazione in chiave economica, ambientale e sociale del patrimonio agro-silvo-pastorale e storico-culturale, che vede nel sito di Altilia un unicum a livello nazionale.

Si tratta di aprire nuovi percorsi su antichi sentieri, riconoscendo alle comunità e ai Comuni un ruolo primario, una collaborazione interna tale da conferire al processo di sviluppo una cornice unitaria, valorizzando le autonomie locali e al tempo stesso la loro capacità di sviluppare servizi e politiche comuni a livello di area. Per il Matese la sfida è cominciata. Non resta che sperare che questa strada, con l’inedita e promettente interazione tra Università e territorio, venga seguita anche dalle altre aree interne che la Snai ha individuato in Molise, cioè il Fortore, l’Alto-Medio Sannio e le Mainarde. 

di Rossano Pazzagli (La Fonte, aprile 2019)

Back