STORIE DI PANE e di fascismo

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Riproposizione di un racconto di Tiziana Perna per esprimere lo sdegno nei confronti dei fascisti di Torre Maura

di Loris Antonelli - fb

4 aprile 2019

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Ripubblico questo racconto di Tiziana Perna perché non ho altre parole per esprimere lo sdegno nei confronti dei fascisti di Torre Maura, quelli che hanno calpestato il pane per gli ospiti del centro accoglienza, quelli che "se non li portate via diamo fuoco all'edificio", per quei fascisti pubblico il racconto sui fatti del 7 Aprile del '44, quando dieci donne furono barbaramente uccise al Ponte di Ferro, colpevoli di fame e di amore.

LA TORTA DI PANE E 10 ROSE

La torta di pane, nelle sue varianti, è un dolce della tradizione povera del nostro paese. Riutilizza il pane secco, ciò che non va sprecato, ieri come oggi, in tempi in cui si resiste a povertà nuove. 

Il pane ha a che vedere con mille mani, mille sapienze, mille memorie. Racconta di tavole povere, di donne, città e paesi. A Roma, il pane ci può raccontare la storia di quando, il 7 aprile del 1944, fu rubato. Da 10 donne. 

"A buffoniiii" "C'avemo li regazzini che c'hanno fame, aprite un po'!" così strillano le donne il 1 aprile del 1944 in fila davanti al forno Tosti al quartiere Appio. Aspettano la razione di pane, tessera in mano, sveglia all'alba, e un'altra giornata di fatica per mettere insieme un pasto, almeno uno, per la famiglia. C'è Caterina là davanti che strilla più forte del solito e proprio in faccia alle guardie. La prendono, cercano di arrestarla ma esplode la rivolta. 

La porta d'entrata cede, le donne entrano e rubando il pane strappano dalle mani dei gendarmi pure Caterina

"cori Caterì, cori, scappamo via" 

con l'adrenalina in corpo e un sorriso che si affaccia su quei volti giovani eppure già così segnati.

Nell’aprile del '44 Roma, sotto l’occupazione nazifascista, è una città allo stremo. Ai bombardamenti e rastrellamenti continui si aggiunge la miseria, la fame. E' una storia poco raccontata, è storia minuscola. E' storia di donne, soprattutto. Di file interminabili per prendere le razioni, di mercato nero, di passaparola, di pasti preparati con niente e fatica. Spesso a tavola solo le bucce delle patate bollite, o quelle due erbette che sono riuscite a fare per campi. Si bruciano i mobili per scaldarsi e per cucinare. Dopo l’attentato di via Rasella del 23 marzo, la rappresaglia tedesca fa strage alle Fosse Ardeatine, e poi ordina, attraverso il generale Maeltzer, la riduzione della razione di pane da 150 a 100 g al giorno. Il pane bianco è riservato alle truppe fasciste e naziste, è pane ariano e non va bene per il popolo. A quello gli si dà pane nero, spesso vecchio. All'Appio, a Borgo Pio, a Nomentano le donne assaltano i forni, a volte per caso, altre organizzate con il passaparola o dai nuclei di donne della resistenza romana.

Clorinda e Italia vengono dal Portuense e la mattina del 7 aprile del '44 insieme alle donne di Garbatella e Trionfale, vanno all'assalto del Mulino Tesei, "lì, ar ponte de fero, all'ostiense". Sanno che il proprietario non è un infame "e le guardie nun le chiama". 

Ma qualcun altro si. 

Arrivano i fascisti e non sanno che fare. So' tante 'ste donne e so' incazzate, nun ce stanno a tornà a casa a mani vote. Arrivano le Ss e loro si che lo sanno, quello che devono fare. Scappano tutte ma 10 no, 10 vengono prese. Una, la più giovane, la portano lungo il greto del Tevere e lì la violentano, prima di spararle. Le altre 9 in fila al muro. 

"FEUER", l'ordine al plotone che le fucila tutte. Riaprono la strada, i loro corpi straziati esposti sul ponte per 24 ore a monito contro ogni tentativo di ribellione. 

I corpi gettati via chissà dove, a cui nessuno ha mai potuto dare sepoltura. 

L’evento è riportato nel Mattinale della Questura di Roma del 7 aprile del 1944 "Dieci donne, sobillatrici dei disordini, sono state fucilate sul Ponte dell’Industria”

Questo racconto attraversa ancora una volta la Primavera della Resistenza romana, per ricordare che la memoria è un ingranaggio collettivo e la fame dei poveri una vergogna di cui siamo tutti responsabili. 

di Loris Antonelli - fb 

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