Preziosa segnalazione dell’Arch. Franco Valente

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Antonio Latini, il miglior cuoco del regno di Napoli, al servizio di Stefano Carrillo, signore di Petrella Tifernina

di Franco Valente - fb

28 gennaio 2019

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Quando nel 1915 Giambattista Masciotta pubblicava il suo volume sul Circondario di Campobasso (Il Molise dalle origini ai nostri giorni) nel riferire sulla sequenza dei feudatari di Petrella Tifernina ometteva di citare uno dei personaggi più importanti che l’avevano tenuta alla fine del XVII secolo: Stefano Carrillo y Salcedo, un magistrato che fu reggente del Consiglio Collaterale e della Real Cancelleria di Napoli, nonché amministratore della Dogana di Foggia.

Credo che nessuno avrebbe notato la cosa se non fosse stato pubblicato ultimamente (2015), a cura di Elisa Novi Chavarria e Valeria Cocozza, il volume “Comunità e Territorio – Gli apprezzi feudali del Molise (1593-1744)” dove è riportato anche l’apprezzo di Petrella Tifernina del 1727.

Di quell’apprezzo mi ha particolarmente interessato la descrizione della Porta da Capo e del Palazzo baronale “di decente e commoda abitazione”, perché in ambedue i casi si riferisce che sono presenti “le imprese” (cioè le insegne araldiche) di Stefano Carrillo.

Di Stefano Carrillo, duca di Petrella Tifernina, conosciamo molto poco, ma era sicuramente un personaggio di grande prestigio e di notevoli capacità economiche.

Senza entrare nei particolari della sua attività politica, sicuramente interessante è stato l’aver scoperto che aveva al suo servizio un collaboratore di eccezione: Antonio Latini, il più celebre cuoco della fine del XVII secolo.

Antonio Latini è diventato famoso anche per aver scritto il più importante trattato di cucina di quel tempo: “Lo scalco alla moderna overo l’arte di ben disporre i conviti”. Uno dei testi fondamentali per capire non solo quali fossero le ricette più ricercate nel Regno di Napoli, ma anche come egli organizzava i banchetti. 

Il manuale culinario, in due volumi, fu stampato con l’autorizzazione di Stefano Carrillo y Salcedo.

Nel primo dei due Antonio Latini descrive due banchetti che il suo padrone aveva fatto nella masseria di Torre del Greco “nel mezzo di una gran camera, della sopradetta Masseria, dove da una spatiosa finestra si riguardavano le Bocche di Capri, e da un’altra il celebre Monte Vesuvio”.

Il primo in occasione del trasferimento del Vicerè di Napoli Gasparo de Aro Gusman.

Il secondo per una visita del Vicerè di Napoli e la sua consorte.

Incredibile il menù per gli oltre trecento invitati.

Alla fine della giornata, “venuta l’hora di ritornarsene a Napoli, le Damigelle prima d’entrare in carrozza, furono tutte regalate d’un ventaglio di superbissima manifattura e guanti di Roma, di concia rara”.

Nel secondo volume Antonio Latini descrive, tra gli altri, il rinfresco offerto dal duca Moles di Parete in occasione delle nozze di sua figlia Caterina con Fulvio di Costanzo, principe di Colle d’Anchise.

“Non vi mancò musica di più voci, le più scelte di Napoli, con dolcissime sinfonie di molti, e migliori stromenti, che mentre dilettavano l’udito, il palato gustava di cioccolate calde, e gelate, e di tutte le varietà di sorbetti, ed acque concie, che l’arte sapesse mai inventare, e manipolare, distribuendosi copiosamente ogni sorte di canditi, e confetture che l’arte più raffinata … conforme esso signore, con replicati ordini incaricò mè…” .

A Stefano Carrillo, “signor della Petrella”, l’editore Bulifon nel 1675 addirittura dedicò il secondo volume della Storia di Napoli di Giovanni Antonio Summonte. 

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