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Il turismo come esperienza

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Il turismo non è la panacea di tutti i mali, ma la sua versione sostenibile, responsabile o esperienziale può essere una leva per la rinascita delle aree interne del Paese

di Rossano Pazzagli (da lafonte.tv)

16 ottobre 2018

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Tra XVI e XIX secolo, da Montaigne a Goethe e a Stendhal passando per i tanti giovani della buona società inglese ed europea, il grand tour rappresentò la principale forma di relazione tra il nascente turismo e i territori attraversati, contribuendo al successo della letteratura di viaggio e a costruire l’immagine europea dell’Italia fondata sulla cultura, l’arte, le città e il paesaggio. Questa pratica alimentò l’idea del ‘Belpaese’, la fortunata espressione coniata da Dante e da Petrarca e divulgata dall’abate Stoppani nella seconda metà del XIX secolo con il suo libro intitolato appunto Il Bel Paese. Conversazioni sulle bellezze naturali la geologia e la geografia fisica d’Italia (1876). Fu un best seller per quei tempi, letto e ristampato fino a ‘900 inoltrato, un caloroso invito alla conoscenza del territorio, quasi un manuale di educazione al paesaggio. Eppure il modello di sviluppo novecentesco, cioè quello basato sull’illusione della crescita continua, ha trascurato il territorio; in taluni casi lo ha usato e sfruttato come supporto, in altri lo ha abbandonato al suo destino, dimenticato e relegato nel novero delle cose vecchie.

L’approccio globale ha semplificato e progressivamente marginalizzato le realtà locali: così i territori, come i cittadini, si sentono oggi lontani dai centri di potere e dalle sedi delle decisioni che li riguardano. Ne soffre, quindi, anche la democrazia intesa come partecipazione effettiva di ognuno alla vita sociale, economica e politica. Il Molise è forse l’esempio più lampante di questa deriva, di questa perdita dell’orientamento, dello spaesamento. Bisogna ritrovare la bussola e intraprendere nuove rotte, considerando che l’identità italiana è costituita per un tratto essenziale proprio dalla presenza diffusa di un patrimonio culturale, prodotto del passato, solo in piccola parte conservato nei musei e che è possibile incontrare nelle città e nelle campagne. Il mare, le coste, le città e il reticolo dei borghi, le zone rurali, i sentieri e i tratturi, perfino le cantine, i mulini e i frantoi costituiscono nell’insieme lo spazio ideale per una integrazione delle politiche culturali e ambientali. In un tale contesto anche le feste, le tradizioni e i modi di vita possono divenire elementi attrattivi.

Collegando la storia, la cultura e la società, emerge una gamma di luoghi e situazioni nelle quali è possibile beneficiare di uno heritage inteso come patrimonio culturale e ambientale, che comprende una commistione di elementi tangibili o intangibili: edifici e monumenti storici, siti produttivi, paesaggi tradizionali, ecosistemi, eventi, pratiche popolari e stili di vita. Ancora una volta il Molise ci appare emblematico come regione piccola e ben dotata.

Il turismo non è la panacea di tutti i mali, ma la sua versione sostenibile, responsabile o esperienziale può essere una leva significativa per la rinascita delle aree interne del Paese. Su tali basi è necessaria una riflessione sul turismo, su quali forme privilegiare e su quali segmenti della ricettività insistere al fine di promuovere un turismo a misura d’uomo, che eviti il consumo irreversibile delle risorse e favorisca l’incontro con l’ ambiente e la vita locale. Anche nelle forme dell’ospitalità occorre rifuggire da un’idea di qualità standardizzata, rispettando i modi di essere delle persone e delle culture locali. Azioni come l’integrazione settoriale, l’ allungamento della stagione, il riuso del patrimonio edilizio esistente, un mercato del lavoro più qualificato e meno precario e l’accoglienza del turista senza rinunciare agli idiomi locali e al carattere degli abitanti, sperimentando su scala locale la formula del learning and pleasure che rappresenta lo spirito originario nella storia del turism, ivengono in questa ottica strategia di base per una ricollocazione del turismo entro gli orizzonti della sostenibilità.

La fase che stiamo attraversando sta conoscendo un tendenziale passaggio dal turismo di massa al turismo dell’esperienza, cioè ad un approccio con le realtà visitate più attento alla qualità della vita, ai comportamenti, alle tradizioni, alle diversità ambientali e culturali, alle specifiche identità nelle quali immergersi per qualche giorno o per qualche settimana. Si tratta di un mutamento che può ridare valore e attrattività a tutte quelle realtà – regioni o territori locali – ingiustamente marginalizzate dallo sviluppo del turismo di massa, dalla industrializzazione e dalla eccessiva specializzazione del settore.

Bisogna dilatare l’ottica del tempo e rimettere al centro il territorio e il paesaggio in una prospettiva locale che non significhi localismo e separatezza, ma visione d’ insieme e integrazione, puntando all’affermazione di una sorta di grand tour democratico, non più delle corti e delle capitali, dei mille e mille luoghi di cui è ricco il territorio italiano. Un tour grande non perché lungo, ma perché diffuso e alla portata di tutti, entro un’ottica di utilizzazione non dissipativa delle risorse locali, tra le quali spiccano proprio paesaggio, ambiente e cultura. Il territorio molisano, non toccato dai grandi flussi turistici di massa e dalle infrastrutture che altrove hanno stravolto l’ambiente e ferito il paesaggio, ha in linea generale conservato ciò che oggi è indispensabile per attivare in concreto un turismo sostenibile di qualità.

(foto: “testa del gigante” – Civita – Duronia (CB) – Archivio: Giovanni Germano)

 di Rossano Pazzagli (da lafonte.tv)

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