Manifestazione per la cultura e il lavoro

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Abbiamo intervistato Daniela Pietrangelo dell’ass. “Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali”, tra i promotori della Manifestazione per la cultura e il lavoro che si terrà a Roma il prossimo 6 ottobre

di ilbenecomune.it

02 ottobre 2018

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Chi sono i promotori della manifestazione? Quali organizzazioni hanno aderito?

Per la prima volta i lavoratori dello Spettacolo e dei Beni culturali si uniscono per rivendicare istanze di categoria e per riportare al centro del dibattito politico il tema della cultura nelle sue implicazioni costituzionali, economiche e occupazionali. Della manifestazione si sono fatti promotori i principali sindacati di categoria e hanno aderito numerose realtà, tra le quali comitati civici, associazioni culturali e professionali, movimenti, istituzioni, partiti politici, scuole di musica e teatro, associazioni studentesche e tanti altri ancora. Ne cito alcuni, Mi riconosci? Sono un professionista dei Beni Culturali di cui faccio parte, Comitato Nazionale delle Fondazioni Lirico Sinfoniche, Facciamolaconta; tra le sigle sindacali ci sono la CGIL funzione pubblica; CGIL Slc, la UILPA, USB lavoro privato e pubblico impiego e tanti altri. Siamo professionisti dei Beni Culturali, siamo professionisti dello spettacolo dal vivo, e del cinema, siamo autori, operatori, tecnici, custodi, ci sono aspiranti professionisti e soggetti in formazione. Siamo le lavoratrici e i lavoratori della Cultura e svolgiamo professioni diverse, lavoriamo in decine di luoghi diversi, dai teatri ai musei, dagli archivi ai laboratori.

Quali sono i problemi più urgenti, riguardo al mondo della cultura in Italia, che vi hanno spinto a indire la manifestazione?

Nel settore culturale si lavora poco e male. Ci hanno spinto a organizzare e sostenere la manifestazione il nostro precariato, i nostri diritti mancanti, il lavoro a nero, i nostri stipendi ridicoli (quando ci sono) che non sono frutto di questa o quella singola legge, ma di un sistema costruito negli anni che ha fatto del nostro settore, e poi di quello dei creativi, e degli artisti, il luogo idoneo dove sperimentare nuove forme di sfruttamento: il lavoro gratuito e senza diritti, la precarizzazione come modello standard, la “gavetta” infinita.

Negli ultimi decenni, il mio settore dei Beni Culturali, ma in generale tutto il comparto Cultura, è stato definanziato e marginalizzato, di volta in volta screditato o strumentalizzato; tutte e tutti abbiamo visto i nostri diritti crollare, una crescita della competizione al ribasso, un attacco alla qualità del lavoro. Per questo chiamiamo a raccolta i nostri colleghi, tutti i cittadini e le cittadine italiane, e in genere tutti coloro che abbiano a cuore il Patrimonio culturale e artistico di questo Paese, per la prima Manifestazione nazionale unitaria per la Cultura e il Lavoro, una grande giornata di mobilitazione nazionale che si svolgerà a Roma il 6 ottobre. Ci mobilitiamo non solo per il nostro futuro ma per il futuro del Patrimonio Culturale del nostro Paese, scendiamo in piazza non solo per il nostro posto di lavoro, ma soprattutto per difendere il bene comune.

Quali sono le principali rivendicazioni della manifestazione del 6 ottobre?

Riteniamo più che mai necessario riportare la cultura ad un ruolo centrale nel nostro Paese affinché essa possa essere un vero strumento di crescita individuale e collettiva e di sviluppo sociale. La politica, negli ultimi decenni, ha svilito questo patrimonio considerandolo sempre più un affare da cui trarre il massimo profitto anziché un pilastro del nostro Stato di diritto, al pari di sanità e istruzione. Vogliamo una manifestazione che riunisca quanti in questi anni sono stati disgregati, divisi, messi l’uno contro l’altro. La mobilitazione, quindi, è un passaggio necessario per accrescere l’autocoscienza delle nostre categorie, per aumentare la pressione sulla politica tutta, e per sfondare il muro mediatico che impedisce alle istanze dei lavoratori e dei professionisti della Cultura di essere trattate su tv e stampa nazionale.

Come sono cambiate negli ultimi anni le condizioni di lavoro di chi opera nel campo culturale?

Pochi lo sanno, ma il settore culturale è uno dei pochi in cui, nonostante la crisi, le entrate hanno continuato a crescere. Un settore cardine dunque, su cui investire e su cui puntare per il rilancio dell’occupazione. Ma non è andata così. Nonostante l’enorme contributo offerto al Paese ogni anno, il settore culturale è costretto a funzionare (male) in costanti condizioni di ristrettezze economiche forzate, con investimenti e occupati nettamente al di sotto della media europea. Le Soprintendenze sono sotto organico, costantemente in regime di emergenza – da anni esponenti di diverse forze politiche ne chiedono la chiusura -; musei, siti archeologici, teatri, cinema, archivi e biblioteche chiudono, uno dopo l’altro; i pensionamenti si succedono spesso in assenza di turnover; il Fondo Unico per lo Spettacolo cala costantemente (-55% dal 1985), le esternalizzazioni dal 1993 in poi riguardano servizi sempre più essenziali per la vita dei luoghi culturali. I danni sono evidenti: l’80% degli italiani (dati Istat 2015) non è mai andata a teatro nel corso dell’anno, il 68% non ha mai visitato un Museo, il 56% non ha mai letto un libro. Questo non crea solo un problema economico e di esclusione sociale, ma permette anche il proliferare di teorie false e antistoriche che fomentano odio e divisioni, lontanissime dalla realtà storico-archeologica, o letteraria: teorie sempre più diffuse nella società e nel dibattito politico, fino ad arrivare alle Istituzioni. Con la ricetta utilizzata finora – investimenti bassissimi e il sistematico utilizzo di volontari, esternalizzazioni e lavoro al massimo risparmio, sarebbe difficile aspettarsi dati diversi: eppure la fame di Cultura c’è, è evidente dai buoni risultati registrati da teatro e lirica quando passano nel servizio pubblico radiotelevisivo, o dalla crescita costante del turismo culturale, nonostante la cronica mancanza di personale. In questo quadro, ogni anno migliaia di giovani professioniste e professionisti della Cultura in Italia si trovano costretti a scegliere tra stipendi indecenti e vergognosi, tirocini di sfruttamento, stage senza prospettive, servizio civile, contratti a chiamata, volontariato, rimborsi spese… o il cambiare mestiere, o scappare all’estero.

Cosa proponete a livello di politiche culturali per il rilancio del settore?

Chiediamo alla classe politica di prendere coscienza del problema, e al Governo di prendere urgentemente provvedimenti per porre fine a queste politiche del tutto insensate. I provvedimenti da assumere sono tanti, previa l’abrogazione del pareggio di bilancio (art.81) in Costituzione, ovvia premessa di tutte le altre necessarie azioni; azioni quali, anzitutto: Portare l’investimento dell’Italia in cultura al 1,5% del PIL, in linea con gli altri Paesi europei; aumentare i finanziamento pubblici al settore dello spettacolo (Fondo Unico per lo Spettacolo e finanziamenti locali). Chiediamo di promuovere un nuovo, coerente, omogeneo e condivisibile sistema nazionale di abilitazione a guida turistica; pubblicare i decreti attuativi della legge 110/2014, che riconosce per la prima volta 7 professioni dei beni culturali; riconoscere e tutelare tutte le professioni oggi non regolamentate del settore dello spettacolo (registi, sceneggiatori, danzatori, attori, musicisti, doppiatori…), dei beni culturali (mediatori museali, paleontologi, manager del Patrimonio Culturale…) e in generale della cultura (traduttori, scrittori…).

E ancora chiediamo l’assunzione, nei ranghi ministeriali, di almeno 3500 lavoratori entro il 2020, a partire dagli idonei al concorso dei 500 funzionari MiBACT, al fine di ottenere la copertura totale del turnover; ridefinire i fabbisogni professionali, nel rispetto delle competenze scientifiche e dei ruoli di ciascuna professione, riqualificando i servizi ed elevando gli standard di tutela, mortificati dalle ultime riforme organizzative. Esigiamo una legge che regolamenti il volontariato culturale, mettendo fine al lavoro gratuito mascherato da volontariato. Bisogna riformare la Legge 4/1993 (Legge Ronchey) e rivedere il sistema delle esternalizzazioni, per tutelare il Patrimonio pubblico e il lavoro; ristatalizzare ove necessario, come nel caso delle fondazioni lirico-sinfoniche o dei servizi essenziali di Musei, Biblioteche e Archivi. E molto altro.

Insomma, servono leggi che tutelino le nostre professioni, servono risorse. Ma non solo per i professionisti dei beni culturali, non solo per i professionisti dello spettacolo, non per gli operatori museali, non per le Soprintendenze né per i Teatri: servono per il Paese. Ed è il momento che la politica si decida a far funzionare il settore culturale. Siamo stati zitti all’angolo, chiusi nella nostra frustrazione e divisione per troppo tempo. Il modello che è stato applicato in questi trent’anni non funziona affatto, e non esiste alternativa al cambio radicale: servono investimenti in risorse umane, competenze e lavoro di qualità, in un settore chiave del nostro Paese.

Occupandoti dell’organizzazione della manifestazione, che percezione hai riguardo all’aria che tira in Molise? Hai riscontrato una situazione in fermento o il contrario?

No, in Molise non ho trovato una situazione in fermento, purtroppo, ma c’è stato un buon riscontro, anche se sono ancora pochi i professionisti pronti a scendere in piazza, pronti a mobilitarsi per il proprio futuro e di tutto il Paese. Abbiamo invitato molte realtà locali a sostenere la Manifestazione unitaria del 6 ottobre ma abbiamo avuto un’unica adesione da parte del Teatro del LOTO di Ferrazzano, come ci ha spiegato Stefano Sabelli direttore artistico del teatro: “siamo impegnati da sempre affinché anche in Molise si diffonda sempre più una Cultura del Lavoro che rispetti le essenziali prerogative sindacali e di dignità dei lavoratori dello Spettacolo e della Conoscenza”. Ringrazio Diego Florio attore ed esponente di Facciamolaconta e di Potere al Popolo e Oriana Leone dell’Unione degli studenti con i quali ho avuto modo di confrontarmi in queste settimane e hanno dato un grande contribuito per attivare il territorio molisano. Sabato 6 ottobre in tante città d’Italia partiranno pullman verso Roma e anche in Molise grazie all’impegno degli organizzatori, e al contributo in particolare di FP-CGIL e SLC CGIL, partirà un pullman da Campobasso e Isernia, tutte le informazioni le potete trovare qui

Vi aspettiamo in piazza. Non serve a noi, serve al Paese!

di ilbenecomune.it

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