Il Giro d'Italia col carretto trainato da Lulu'

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I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre

di Vincenzo Colledanchise

5 Luglio 2023

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Negli anni cinquanta il paese ospitò un personaggio alquanto singolare. Giunse in paese quasi al tramonto destando viva curiosità. 
Un asinello mite, dal mite nome di Lulù, spingeva quel suo traballante carretto, al pari dell'estroso suo proprietario: quel mezzo era munito di molte casse metalliche nelle quali vi era l’essenziale per girare in lungo e in largo tutta la penisola, dal lontano nord, da cui proveniva, fino all’estremo sud, in Sicilia, dove prometteva di giungere.
Questo l’intento dell’uomo, esposto subito alla folla raccolta nella piazza, che si era radunata lì per spiare le mosse dello stravagante forestiero.
Se avesse potuto sarebbe giunto anche in Sardegna, diceva, per completare il giro d’Italia col carretto, ma tale regione era stata esclusa per evidenti ragioni anagrafiche. L' avanzata età forse non lo consentiva, ma covava tale segreta speranza. Forse solo per senso scaramantico indicava la sola Sicilia quale meta finale del viaggio.
Non aveva avuto famiglia e la sua condizione di uomo libero gli consentiva realizzare tale sogno, che si era già in parte realizzato da un lustro, girovagando tra mille paesi della penisola.
Uno stuolo di ragazzi lo aveva accompagnato fino in piazza facendo spaventare Lulù che non era abituato a vocianti cortei, ma l’euforia dei ragazzi era incontenibile perché intuirono subito che quel vecchietto con la barba folta e dagli occhi vispi sarebbe stato il centro delle loro attenzioni per i tre giorni di permanenza in paese.
Attraversò l’intero centro abitato e la sua corsa finì in convento, spintonato dai ragazzi per la ripida salita che portava dai frati. Dove poteva finire se non in quel luogo dalla tipica fraterna accoglienza?
Infatti, i frati non poterono non accoglierlo anche su pressione dei ragazzi al seguito. Fecero riposare e alimentare l’asinello nella loro stalla e gli consentirono di ricoverare il suo carretto nel loro giardino. 
Vinta l’iniziale diffidenza, gli fu poi concessa una cella e in serata invitato nel loro accogliente refettorio.
Ma il vecchietto non si fece vincere in generosità dai frati perché con lena il giorno seguente si mise subito al servizio della comunità.
I monaci si servirono dei suoi piccoli favori sapendolo capace di ogni mestiere, infatti, l'intraprendente vecchietto riparò il loro armonium, alcune lampade votive mal funzionanti, risistemò la carrucola del pozzo e soprattutto li fece ridere a crepapelle ogni sera intorno al camino, essendo capace di calarsi nei personaggi dei suoi comici racconti, variando voce e dialetto che aveva imparato grazie a quell’itinerante insolito viaggio tra mille paesi italiani.

di Vincenzo Colledanchise

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