La Festa

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I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre

di Vincenzo Colledanchise

16 aprile 2018

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La quotidianita’ veniva interrotta o dalle poche feste cosidette “comandate” o dai momenti di svago legati al lavoro. 

Natale, Pasqua e la festa di  San Mercurio erano quelle a cui la societa’ contadina teneva di piu’. 

L’uomo tirava fuori il vestito e le scarpe di quando si era sposato, lucidava ed ingrassava quest’ultime con il “migliarino” (organo genitale del maiale essiccato ed affumicato).

La donna, con le scarpe avute in dote, vestita dell’unica gonna e camicetta acquistata alla fiera anni prima, insieme alle comari, raggiungeva la chiesa a funzione iniziata ed andava a sedersi nei banchi delle donne.

La processione era il momento culminate della festa.

Il santo, veniva portato dai piu’ bei giovani, che  pagavano cifre ingenti per accaparrarsi questo privilegio.     

La  miglior banda pugliese rallegrava il paese e non mancavano mai i fuochi artificiali, commentati ora positivamente, ora negativamente.

Il pomeriggio era dedicato ai giochi maschili come “l’albero della cuccagna”, oppure, si vendevano all’asta, dalla cassa armonica posta in piazza, le offerte alimentari  e gli agnellini donati ai vari altarini posti nei vicoli del paese.

Quelli che frequentavano la cantina passavano ore a giocare a carte napoletane, col “padrone” e il “sotto” che davano da bere una quantita’ di vino posto in gioco o negavano la bevuta ai partecipanti al gioco.

di Vincenzo Colledanchise 

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