Theodor Mommsen e l’Alto Sannio

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Tra le tracce che il premio Nobel lasciò nel territorio altomolisano si ricorda quella di aver proposto l’identificazione di Pietrabbondante con “Bovianum Vetus” e di Civitavecchia con “Duronia”

di Mauro Salzano – presidente Archeoclub “Cremonese”

02 gennaio 2018

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Theodor Mommsen , nasce a Garding nello Schieswig, terra allora sotto la corona di Danimarca, il 30 novembre 1817. Il padre era un parroco protestante. I Mommsen erano di classe contadina e nordica, pertanto caratterizzati da una certa durezza e fierezza, un realismo che ha caratterizzato la vita di Mommsen. 

Nel 1838, si era iscritto a giurisprudenza all’università di Kiel. Nel 1843 si laurea. Mommsen studiava la storia con un senso critico severissimo. Non più miti, ipotesi campate in aria; tutto doveva essere documentato. Il 30 dicembre 1844, Mommsen arrivò a Roma; suo punto di riferimento fu l’Istituto di Archeologia sul Campidoglio. Tra i suoi amici, il grande Giovanni Battista De Rossi, scopritore della Roma delle catacombe, ed il tedesco Wilhem Henzen, primo Segretario dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma e soprattutto il più grande epigrafista dell’Ottocento, Bartolomeo Borghesi. Quest’ultimo, Mommsen lo andò a trovare a S. Marino, dal 13 al 23 luglio 1845 e gli mostrò il suo gigantesco progetto di raccogliere tutte le epigrafi della romanità, (il Corpus inscriptionum Latinarum – CIL). 

Borghesi scrisse in seguito: “Nessuno studioso al mondo mi ha fatto tanta impressione“. Per dimostrare di cosa era capace, Mommsen raccoglieva, catalogava, interpretava le “epigrafi napoletane” che sarebbero uscite alcuni anni più tardi. Nel 1848 fu nominato alla cattedra di Lipsia. Nel mese di maggio 1849 a Dresda, ci fu una rivolta che fece vincere i conservatori; Mommsen si rifiutò di eleggere un nuovo deputato imposto dal nuovo governo reazionario e fu sospeso dall’insegnamento. Il 22 aprile 1851 fu espulso e dovette accettare nel 1852 la nomina all’Università di Zurigo. Quando insegnava Diritto Romano all’Università di Lipsia, decise di tenere una conferenza per far comprendere i suoi studi alla gente comune; decise di parlare dei fratelli Gracchi. Mommsen con la sua vocina esile, non era un buon oratore, ma due giorni dopo si presentarono due direttori della casa editrice Weidmann; Karl Reimer ed il suo collega Hirzel e gli proposero di scrivere per loro, una storia di Roma divulgativa. Mommsen accettò. Uscita a Lipsia tra il 1854 e il 1856 la “Storia di Roma“, venne subito considerata un capolavoro. Essa si interrompe dopo l’arrivo di Cesare al potere. A Cesare gli dedica le pagine migliori perchè in lui Mommsen vede un genio. La pubblicazione fa di Mommsen nel giro di due anni un uomo universalmente riconosciuto e ammirato. 

Il governo prussiano lo chiamò all’università di Breslavia dal 1854 al 1858. Finalmente, dopo l’ottimo lavoro da lui svolto con le iscrizioni napoletane, pubblicate nel 1852, l’Accademia letteraria di Berlino, nel 1853, gli affidò, quello che era il sogno della sua vita: raccogliere con un gruppo di collaboratori da lui diretti, l’immensa mole delle iscrizioni latine sparse in tutto  Il presente sito fa uso di cookie di terze parti. La prosecuzione nella navigazione comporta l'accettazione dei cookie. Chiudi l’impero romano. Altri avevano provato ma nessuno riuscì. Mommsen realizzò incredibile impresa. Berlino non poteva più trascurarlo. Finalmente nel 1858 venne chiamato a insegnare, Storia Romana, nell’università di Berlino e ci restò quarantacinque anni. La sua bibliografia completa arriva a 1500 numeri. Nel 1902 gli assegnarono il premio nobel per la letteratura. 

Per tre volte Mommsen fu deputato al Parlamento; prima in quello prussiano (1863 – 67; 1873 – 79), poi in quello del Reich germanico unificato (1881 – 1884). I suoi interventi migliori furono quelli di valore morale e intellettuale. Nel suo testamento abbondano i giudizi pesanti sulla Germania. Fu duro anche contro se stesso: “la mia famiglia dovrà fare di tutto perchè dopo la mia morte non si scrivano biografie sul mio conto. Sulla mia tomba non voglio ne un’effige ne una parola, anzi nemmeno il nome“. Non ce ne era bisogno, perchè il nome di Mommsen era ormai consegnato alla grande storia. Morì a Berlino il 1 novembre 1903. Per quanto riguarda i rapporti tra Mommsen, Francesco Saverio Cremonese e Agnone, ciò che di seguito si riporta è stato estratto dal volumetto di Remo de Ciocchis: Teodor Mommsen.

La vita, l’opera e i suoi rapporti con Agnone. Edizioni dell’Amicizia, 2004. Mommsen soggiornò in Italia dal 1844 al 1847; la sua venuta nell’Alto Molise e ad Agnone si verificò nella primavera del 1846. Egli aveva collaboratori ovunque tra cui Francesco Saverio Cremonese in Agnone. 

Tra le tracce che egli lasciò nel territorio altomolisano si ricorda quella di aver proposto l’identificazione di Pietrabbondante con “Bovianum Vetus” (ndr: e di Civitavecchia con “Duronia” - antica città sannita citata da Tito Livio). Per quanto riguarda Bovianum Vetus, il Mommsen basava l’identificazione soprattutto sull’epigrafe di Novio Vesulliaeo scoperta dal Cremonese a Pietrabbondante nel 1840, ove compariva la parola bùvaianùd cioè Boiano.

La presenza di Mommsen in Agnone, si rileva da una lettera che si trova nell’archivio dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma, del 14 maggio 1846 e da un articolo sul Bullettino Archeologico Napoletano del 1847, in cui Mommsen afferma di essere stato in Agnone. Egli è stato certamente nella casa di Francesco Saverio Cremonese. Non potè vedere la Tavola di Agnone, perchè questa fu scoperta dal Cremonese due anni dopo. Il Cremonese si limitava solo a rinvenire epigrafi nell’Alto Molise. Mommsen espresse giudizi positivi su di lui e scrisse: persona seriamente interessata alle antichità del Sannio e al massimo grado benemerita. Mommsen propose il Cremonese come socio onorario straniero nell’Istituto Archeologico di Berlino. 

di Mauro Salzano – presidente Archeoclub “Cremonese”

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