Contestazione

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Favole bengalesi che vogliono far riflettere

di p. Antonio Germano Das, sx.

18 dicembre 2017

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BREVE PREMESSA. Un discorso da adulti messo sulla bocca dei ragazzi; utopico perché non trova realizzazione in nessuna parte del mondo. Diciamo pure che era un sogno dell’autore, che nei suoi lunghi anni di Bangladesh aveva visto tante situazioni analoghe a quella descritta nel racconto e, attraverso il messaggio di Pui e Shimki, sognava che in simili occasioni di disastri ci fosse questo tipo di mobilitazione fra la gente. Diciamo anche che il discorso è quanto mai attuale. Quanti ukil shaheb ci sono oggi giorno in ogni parte del mondo, che, chiusi nel loro egoismo, vedono nel migrante, nel rifugiato, nel diverso e nella discarica umana di vario tipo solo una minaccia al proprio tornaconto. Siamo in clima natalizio ed è bene che ci ricordiamo che Gesù nacque in una stalla, perché, per Lui, non c’era posto in albergo.

I rintocchi del gong squillarono nell’aria. I ragazzi con grida di giubilo uscirono di corsa dalle aule scolastiche e si diressero verso le proprie case. Soltanto Pui, Shimki e Boku, che si erano fermati nella spianata della scuola, cominciarono a litigare fra di loro. Vedendo avvicinarsi l’headmaster, Pui affidò a lui la soluzione della disputa: “Sir, lo zio di Boku fa di mestiere l’avvocato (in bengalese: ukil) e va in giro di qua e di là arringando la gente. A chi gli offre più soldi egli tesse i discorsi. Lo sa cosa ha detto ieri al bazar? La gente di Kutubodia e Moheshkhali, in seguito all’alluvione, si è riversata tutta dalle nostre parti e pesa sulle nostre spalle. Bisogna spedirli via, che tutti tornino nei propri villaggi!” “Lo ha detto e con ciò qual’è il problema?” “Dei loro villaggi non c’è più traccia. Io ho parlato con tutta quella gente. La settimana scorsa, là dove è arrivata l’alluvione non c’è rimasto neppure il segno di una casa e tutto è sott’acqua. Se noi non diamo loro rifugio, essi dove andranno? Lei cosa dice,sir, quel signore è nel giusto?”

“Evidentemente no! Egli parla da insensato”. “Lo sa ancora cosa dice, sir? Nel nostro villaggio non permetterà che rimanga alcun buddhista, hindu o cristiano. Li manderà via tutti. Le sembra una cosa giusta?” “Assolutamenteno! Anche questo è un discorso stupido. Gli uomini sono tutti eguali. Se noi abbiamo il diritto ad una casa e al cibo, anche loro lo hanno”. “Hai sentito, Shimki? Bisogna mandar via quell’individuo dal nostro villaggio”. “Stai calmo! Egli ha detto veramente delle parole insensate, ma io non ho detto che bisogna mandarlo via”. “Ma egli si fa forte dei suoi discorsi e tutti finiscono per essere d’accordo con lui. Bisogna trovare il modo per tappargli la bocca”. “Il nostro è un paese libero e tutti possono esprimere liberamente le proprie idee. Perché anche voi non esprimete le vostre? Anche oggi egli parlerà al bazar. Andate e ditegli: il tuo è un discorso stupido!”

L’headmaster si allontanò. Pui e Shimki, a passo lento, si avviarono verso casa. Pui disse: “Se noi alziamo la voce durante il discorso, tutti diranno: fate silenzio marmaglia! Così piccoli cosa pretendete di capire! E poi noi non abbiamo soldi per comprare un ukil (avvocato) che gli tenga testo”. “D’accordo fratello, non abbiamo soldi..., ma abbiamo la testa. Mi è venuta un’idea. Vuoi sentirla? Andiamo a sederci all’ombra di quell’albero”. I due si sedettero sotto l’albero. Shimki cominciò: “Da noi ad Hatkhola viene gente da tre villaggi a fare spesa. Non è così?” “Sì, è vero ed è per questo che lo zio di Boku tiene qui i discorsi”. “Nei tre villaggi ci sono tre scuole. In tutto quanti alunni saranno?” “Saranno almeno 500 e allora?” “Gli alunni saranno tutti dalla nostra parte, non è vero?” “Non c’è dubbio, essi saranno con noi! Finora essi non hanno avuto modo di ascoltare le parole di quel pazzo... Oh! Ho capito la tua idea. Li faremo venire tutti qui e, al momento del discorso, faremo tanto chiasso che nessuno potrà sentirlo. Su andiamo e mettiamoci all’opera”. “Eh, no! Facendo chiasso non otterremmo nessun risultato, perché lui ha l’alto parlante e strepitando così tutti penseranno male di noi. Invece noi ci comporteremo da persone educate e lo ascolteremo in piedi, però...” A questo punto Shimki non so che parola disse all’orecchio di Pui, il quale non potè trattenersi dal fare una grossa risata.

Essi si misero immediatamente al lavoro. Gli alunni dei tre villaggi furono messi al corrente della notizia. In un batter d’occhio tutto il villaggio di Hatkhola pullulò di alunni. Alle quattro essi molto educatamente si disposero dinanzi al palco: i piccoli davanti ed i grandi dietro. L’ukil shaheb (il signor avvocato), al vedere tanta folla, fu molto contento. In piedi davanti al microfono, a squarcia gola, cominciò la sua arringa: “Fratelli tutti, al vedere le vostre facce sorridenti, non riesco a contenere la gioia.Una zona bella come la nostra non ha parisulla faccia della terra..” A questo punto Pui e Shimki batterono le mani e tutti gli altri si unirono a loro. La gente del mercato, incuriosita, lasciando i propri affari, si avvicinarono anche loro a ingrossare la folla. L’ukil shaheb, rincalluzzito, alzando di pù la voce, continuò a dire: “Che altro dirò? La gente della nostra zona è così educata e gentile che la nazione tutta ne parla con ammirazione...” Pui e Shimki di nuovo batterono le mani e subito dopo si unirono a loro tutti gli alunni ed anche la folla del bazar. L’ukil shaheb continuò: “Purtroppo, però, e lo dico con dolore, noi ce ne stiamo a guardare e ci lasciamo strappare la pace e l’orgoglio del nostro buon nome. Tutta la gente accorsa la settimana scorsa da Kutubudia e da Moheshkhali sta contaminando la nostra zona...” Questa volta Pui e Shimki si guardarono in faccia; poi voltarono le spalle al palco. Tutti i ragazzi, seguendo il loro esempio, voltarono le spalle. Vedendo la scena, la gente scoppiò a ridere ed anche loro girarono le spalle.

L’ukil shaheb per qualche minuto continuò a parlare a vanvera. Ma, vedendolo in quello stato, nessuno riuscì a frenare le risate. Ragazzi e adulti tutti fecero sussultare di risate il bazar. Poi ragazzi e ragazze in fila, un po’ alla volta, cominciarono a disperdersi. L’area dinanzi al palco rimase vuota; tutti ridacchiando se ne andarono per i loro affari e commentavano fra di loro: “Però i nostri ragazzi sono di iniziativa ed hanno del sale nella testa!” L’ukil shaheb vide buio dinanzi a sè ed il suo volto divenne pallido. Perse il filo del discorso. Tirò fuori dalla tasca un foglio e cominciò a leggere velocemente. Ma, alla fine, venne suo fratello e, con forza, lo tirò giù dal palco. Poi gli disse: “Fratello mio, se vuoi salva la pelle, torna subito in città”. 

di p. Antonio Germano Das, sx.

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