Stampa 

Un ragazzo coraggioso

Visite: 491

Favole bengalesi che vogliono far riflettere

di p. Antonio Germano Das, sx.

4 dicembre 2017

Back 

BREVE PREMESSA. Una lite tra ragazzi di strada che si risolve felicemente per la geniale trovata di una mamma: un dolce, da lei preparato, placa gli animi rissosi dei ragazzi e fa trovare la concordia fra di loro. Protagonista del racconto perciò, più che Razu, è sua madre, che butta acqua sul fuoco, facendo capire a suo figlio che la ragione ed il torto non stanno mai da una sola parte. Purtroppo però questo tipo di litigio non si risolve quasi mai nel modo raccontato dall’autore, che, a livello di villaggio, di litigi ne avrà visti tanti come il sottoscritto e vorrebbe che si risolvessero tutti nel modo da lui narrato. La lite in lingua bengalese si dice jhogra e basta una piccola scintilla per farla scoppiare. Se la lite è fra ragazzi, i genitori scendono subito in campo e con loro tutti i parenti dell’uno e dell’altro gruppo. La lite poi non è che si svolga dentro le pareti domestiche, perché la vita qui in Bangladesh si svolge tutta all’aperto. Tutti accorrono sulla strada principale del villaggio e gli uni cercano di coprire gli altri con grida e urla, perché sembra che vinca chi urla di più. Sarebbe uno spettacolo da non perdersi. Spesso però finisce in tragedia, perché nel litigio emergono vecchi rancori, che cercano l’occasione buona per esplodere e si passa quindi facilmente alle mani o anche a qualcosa di più solido.

Il papà di Razu è caduto ammalato. Per dare una mano alla mamma nel condurre avanti la famiglia, Razu si è meso a fare il lavoro dei tokai (ragazzi di strada). Ogni giorno raccoglie dalla strada materiale di rifiuto, lo vende e porta a casa dalle 15 alle 20 taka. Un giorno però Mohamud attaccò brighe con lui: “Razu, perché vieni qui? Non sai che questo è il nostro territorio?” “Mio padre è ammalato e mia madre da sola non riesce a darci da mangiare”. “A noi non interessa conoscere queste storie. Ti metto sull’avviso: non vogliamo vedere un asino come te aggirarsi nel nostro territorio!” “Oh! Il bue dice cornuto all’asino!” “Misura le parole quando parli con me, altrimenti con un pugno ti faccio saltare i denti”. “Fatti avanti, se hai coraggio... Non voglio rovinarti i vestiti”. “Di’ piuttosto che hai paura, vigliacco che non sei altro!”

La lotta era appena incominciata, quando arrivò la sorella di Razu, che afferratolo per i capelli disse: “Non hai vergogna? Cosa dirà papà! Vieni, mamma ti chiama”. “No, prima voglio assaporare il coraggio di costui”. “Lascialo stare, ti dico, altrimenti ti spacco la testa”. Tornato a casa, Razu andò per consegnare alla mamma il guadagno della giornata dicendo: “Prendi, mamma, oggi ho guadagnato 20 taka”. “Se tu non ti comporti da uomo, cosa ne faccio dei tuoi soldi? Tienili pure con te!” “Tu non sai cosa mi ha detto Mohamud. Mi ha dato del vigliacco!” “Per una sciocchezza simile tu hai arrecato dispiacere a me e a tuo padre”. “D’accordo, mamma, ho sbagliato; prendi i soldi. Lo giuro su Allah che non lo farò più”. A questo punto intervenne il papà dicendo: “Figlio mio, per venire incontro ai tuoi fratelli e sorelle, ti stai comportando da eroe, ma non è necessario comportarti in questo modo per dimostrare che sei un ragazzo coraggioso!” “Ho sbagliato, papà e non lo farò più!” “Di sbagli ne hai fatto due non uno. Se vai a lavorare nel loro territorio, il loro guadagno diminuisce. In cambio tu non darai niente?” “Il loro guadagno non diminuirà; a questo ci penserò io”.

Il giorno dopo 5 tokai bloccarono Razu sulla strada: “Questo è il nostro territorio, perciò gira al largo!” “Lamia casa si trova in questo territorio; mio padre è ammalato e vi chiedo il favore di farmi lavorare”. “Non è possibile; il nostro guadagno verrebbe a diminuire”. “Credetemi, io non vi arrecherò nessun danno!” “Va bene allora. Alle 5 fatti trovare dinanzi al cimitero e vediamo cosa diranno gli altri membri del gruppo. Essi non ti conoscono”.

Nel pomeriggio convennero tutti insieme: “Le nostre entrate diminueranno”. “Vi assicuro che non diminueranno; io conosco il trucco del mestiere e vedrete che le entrate aumenteranno. Non solo, ma, se qualcuno si ammala, percepirà comunque la sua parte. Anche i piccoli avranno la loro parte e tuttavia vedrete che il nostro guadagno non diminuerà”. “Che discorso è questo! Chi non lavora prende i soldi? Ma sei scemo!” “O bella! Se vi ammalate, dovete stare a pancia vuota?” “Bhulu e Dulu non sono in grado di lavorare come noi, perché dovrebbero prendere gli stessi soldi che prendiamo noi?” “La situazione delle loro famiglie è molto grave ed essi sono piccoli, mentre noi siamo grandi. Mio padre dice che bisogna prendersi cura dei piccoli”. “No, amico, io non sono d’accordo con te; così andremmo in perdita!”

Il discorso di Razu non servì a nulla. Accortasi del suo disappunto, la madre gli diede questo consiglio: “I ragazzi della tua età non danno valore alle parole, se non ne vedono un vantaggio immediato. Invitali qui; io preparerò per tutti le pitha (tipico dolce bengalese)”. Il giorno dopo Razu disse al caposquadra: “Su, venite a casa mia, mia madre ha preparato le pitha!”

di p. Antonio Germano Das, sx.

Back