Prospettive per i Piccoli Comuni

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La Strategia Nazionale Aree Interne è una “guida” per i Paesi dell’entroterra

di Luca Martinelli (da Community PON)

20 ottobre 2017

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“Chi vive nelle aree interne, lontano dalle grandi arterie delle reti infrastrutturali, spesso in collina o in montagna, o nelle piccole isole, ha diritto all’accesso a questi canali entro i quali scorre la vita contemporanea, per potersi sentire, giustamente, cittadino a pieno titolo. È necessario, quindi, un concorde impegno per ridurre le distanze, riguardino esse le opportunità professionali o i servizi di istruzione e sanitari: vanno rilanciati i servizi pubblici di mobilità sul lato dell’offerta, senza nascondersi dietro alle carenze di una domanda dirottata altrove”. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo intervento all’assemblea dell’ANCI di Vicenza, ha riassunto in poche righe l’impegno che il governo sta realizzando con la Strategia Nazionale Aree Interne (SNAI), cui l’Italia ha destinato un finanziamento complessivo pari a 190 milioni di euro, e che ne mobilita investimenti pari ad almeno tre volte tanti grazie alle politiche europee di coesione.

Uno sforzo condiviso con le Regioni, che riguarda le 72 “aree interne” individuate con il supporto del Comitato Tecnico Aree Interne, e che ha offerto spunti ai relatori della legge sui Piccoli Comuni approvata a inizio ottobre. “Questa legge è molto ispirata dalla SNAI – spiega l’onorevole Enrico Borghi, relatore del provvedimento e consigliere della presidenza del Consiglio per l’attuazione della Strategia Nazionale Aree Interne -. Non si tratta, infatti, di una legge per il piccolo comune come luogo di organizzazione gestionale, non si parla di patto di stabilità, di vincoli di bilancio, di liberalizzare le assunzioni, del terzo mandato o dell’indennità del sindaco: si affronta, piuttosto, il tema di come garantire servizi e sviluppo per i territori organizzati in piccoli Comuni. Ed è in rapporto alla peculiarità di queste aree che viene sancito un principio importante: la residenza nei territori dei piccoli Comuni è un ‘bene comune nazionale’, perché la presenza dell’uomo consente la tutela e la salvaguardia delle risorse ambientali, paesaggistiche, culturali, e garantisce quel presidio che previene il dissesto idrogeologico”.

È in conseguenza di questo principio, che la legge “vincola lo Stato nei confronti dei territori per l’erogazione di servizi di prossimità – sottolinea Borghi -, sancendo che esistano zone ‘a fallimento di mercato’ laddove è obbligatorio che intervengono soggetti pubblici. Penso allo sviluppo della banda larga, che stanzia per i Piccoli Comuni 2 miliardi, sui 3,5 complessivi, ma anche alle Poste (con un articolo specifico dedicato al tema). Per molti anni, dopo la fine dell’intervento straordinario dello Stato nell’economia, si è pensato che l’unica politica economia risiedesse nella mera regolazione dei mercati, smantellando una presenza pubblica sui territori e illudendosi che il mercato da solo avrebbe risolto il tema dello sviluppo e dell’erogazione dei servizi di cittadinanza. I fatti si sono incaricati di dimostrare che questa era una visione sbagliata, che oggi va sostituita con un articolato e peculiare intervento pubblico che sappia intervenire nelle zone a fallimento di mercato per assicurare uguaglianza e pari opportunità”.

Laddove la legge sui Piccoli Comuni mostra di mutuare profondamente la Strategia Nazionale Aree Interne è in tema di progettualità e sviluppo locale. “Il fondo per lo sviluppo dei piccoli Comuni, che ha una dotazione di 100 milioni di euro e dovrà essere rimpolpato, premierà quelli che attraverso le unioni decideranno di programmare lo sviluppo insieme. Questo è quindi una ‘norma cornice’ che allarga a tutto il territorio la filosofia che già stiamo sperimentando nelle 72 ‘aree interne’. L’unione fa la forza e il gioco di squadra è fondamentale. La legge investe sulla capacità politica dei piccoli Comuni, chiedendo loro di non pensarsi come soggetti erogatori di servizi per conto dello Stato, ma, come spiega l’articolo 13, come soggetti della programmazione dello sviluppo locale. Non possiamo più pensare che basta far correre le città per far correre l’intero Paese”.

di Luca Martinelli (da Community PON)

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