Eolico e ristoro ambientale in favore dei comuni

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Un piatto di lenticchie indigesto

di Gianluigi Ciamarra

10 ottobre 2017

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Nel dubbio amletico che assale molti sindaci tra il dover tutelare il proprio territorio e il dover far cassa per la quadratura dei bilanci comunali, più d’uno di essi è giunto alla conclusione per cui “non tutti i pali (mali) vengono per nuocere”, esprimendo, così, pareri favorevoli ai progetti per la installazione di impianti eolici e sottoscrivendo con le ditte proponenti accordi che prevedono a favore dei Comuni stessi il pagamento di indennizzi (definiti ristoro ambientale o royalties ), a titolo risarcitorio, per le modificazioni ambientali conseguenti ai necessari lavori per la costruzione dei cosiddetti parchi. 

Tali compensi, per quei Comuni cui sono destinati, appaiono come manna caduta dal cielo, sicché non indugiano a prestare il loro consenso in cambio di ciò che, in realtà, si appalesa come un piatto di lenticchie, se si considera la sproporzione tra gli indennizzi erogati e il profitto che ai signori del vento proviene dalle opere realizzate. 

Ma il piatto di lenticchie è destinato ad andare di traverso alle amministrazioni interessate a queste operazioni, dal momento che sempre più ricorrenti sono le sentenze che acclarano la nullità di dette convenzioni, con consequente condanna, per i Comuni che hanno percepito somme, alla restituzione delle stesse (vedasi, a tal proposito, la sentenza n. 23/16 del 2 febbraio 2016 del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, che, seppur riferita alla realizzazione di un impianto idroelettrico, riguarda la totalità degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili). 

Le pronunce in questione, che dichiarano illegittima la pratica (abbondantemente in uso sin dal 2008) del sovvenzionamento degli Enti locali in violazione di un esplicito divieto normativo di subordinare la realizzazione dei suddetti impianti a misure di compensazione in favore degli Enti stessi, pongono l’accento sull’assenza di causa di tali accordi, sulla violazione di norme imperative e sulla violazione, altresì, della libertà di impresa in quanto distorsive della concorrenza. 

In conclusione, secondo la uniforme e consolidata giurisprudenza, il cosiddetto ristoro ambientale è ammesso solo in via eventuale, ossia per esigenze derivanti da “concentrazioni territoriali di attività, impianti e infrastrutture ad elevato impatto territoriale e non possono essere meramente patrimoniali e, se previste, devono essere concrete e realistiche, cioè determinate tenendo conto delle specifiche caratteristiche del parco eolico e del suo specifico impatto ambientale e territoriale, e devono consistere interventi specifici che compensino il detrimento ambientale determinato dal nuovo impianto (da Avv. Germana Cassar)”. Meditate, Sindaci, meditate!!! 

di Gianluigi Ciamarra

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