IL PICCOLO SALTIMBANCO

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Favola bengalese che vuol far riflettere

di p. Antonio Germano Das, sx.

2 ottobre 2017

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BREVE PREMESSA. L’incontro di due ragazzi della stessa età crea un clima di simpatia, di amicizia, di collaborazione e coinvolgimento di piccoli e grandi davvero commovente. Il ragazzo, protagonista del racconto, che narra in prima persona, non ha un nome; lo ha invece il piccolo saltimbanco del circo, che si chiama Polash. Sono due ragazzi di estrazione sociale diversa: il primo, verosimilmente, appartiene ad una famiglia benestante; lo si rileva dal fatto che il papà è un giornalista con amici di un certo livello. Polash, figlio di saltimbanchi, è legato invece alle vicende alte e basse del circo e fa una vita da nomade; ma ha un cuore grande, capace di liberarsi della cosa a lui più cara per ricambiare l’amicizia.

Io ho una grande passione per il circo. Venerdì, in mattinata, sono andato alla spianata dove c’è il circo. Mi avevano detto che tra i giocolieri ce n’è uno della mia stessa età, dieci anni: in piedi sul dorso del cavallo lo fa correre a grande velocità e cammina su una corda sospesa. Sono stato fortunato. Il ragazzo stava accudendo al cavallo. Gli chiesi: “Come ti chiami?” “Mi chiamo Polash e sono il figlio del padrone del circo”. “Vai a scuola?” “Sì, ci vado. Ogni anno, quando inizia la stagione delle piogge, la frequento, ma adesso non mi è possibile, perché ho tanto lavoro da fare”. “Che tipo di lavoro fai?” “Devo accudire a quattro cavalli, dar loro da mangiare, portare per loro l’acqua da bere e tenerli puliti. Ogni giorno bisogna controllare le corde del circo se si sono rallentate o se stanno per spezzarsi. Nel pomeriggio, una o due volte, bisogna fare le prove delle gare, insegnare ai miei fratelli e sorelle, perché qualche giorno potrei essere ammalato o addirittura cadere dalla corda. Allora qualcun altro giocherà al mio posto. Poi occorre imparare sempre nuovi giochi, altrimenti la gente si annoia”.

“Polash, tu sai sorridere in maniera stupenda”. “Lo so, ma vieni, ti mostrerò i miei fratellini e sorelline; il loro sorriso è ancora più splendido”. Polash mi condusse dinanzi alla casetta di colui che fa girare la ruota. I suoi fratellini e sorelline sanno spiccare salti come scimmie, fanno capitomboli e volteggi, piegano i loro corpicini come se dentro non ci fossero le ossa e, gambe all’aria, sanno camminare appoggiandosi sulle mani. Polash mi fece montare in groppa al cavallo; al termine del giro, tornati a casa, mi mostrò uno dei fratellini in braccio a sua madre... Io rimasi sorpreso; Polash non è solo un giocoliere, egli ha un papà, una mamma, fratellini e sorelline; va a scuola, piange e ride come tutti gli altri ragazzi... Alla fine Polash mi mostrò una fionda e disse: “Non c’è una fionda come questa in tutto il Bangladesh; all’infuori di mio padre nessuno sa farne una come questa; inoltre questo tipo di gomma non si trova in nessun’altra parte”. Io la provai e mi accorsi che era proprio così; i miei ciottoli volarono coì lontano che con i miei occhi non fui in grado di vedere dove erano andati a finire. Ne fui catturato: in vita mia non avevo mai visto una fionda come quella.

Al momento di lasciarci gli dissi: “I miei compagni di scuola hanno una gran voglia di vedere il circo, ma non hanno soldi e perciò non possono venire”. Polash rispose: “Lo dirò a mio padre e farò in modo che possano avere il biglietto a metà prezzo”. Il giorno dopo due scolaresche andarono a vedere il circo a metà prezzo. Polash si esibì in maniera così abile che tutti i ragazzi esplosero in grida di gioia. Verso la fine, però, io mi volsi indietro e vidi che, all’infuori di noi, non c‘era un gran che di gente: tre quarti dei posti a sedere erano vuoti. Dentro di me pensai: la macchina, i cavalli, la tenda, il cibo per i giocolieri, l’affitto del posto; dove troveranno mai i soldi per coprire tante spese? Cosa si può fare per aumentare il numero degli spettatori?Mio padre mi disse che il mio ragionamento era sensato: “Fai così, adesso tu vai a casa da solo;intanto io vado a parlarne con un mio amico”. L’amico di mio padre è un fotografo di professione. Il mattino del giorno dopo si recò da Polash; gli disse di salire in piedi in groppa al cavallo e di farlo correre. Scattò delle foto in quella posizione. Durante la notte le foto furono riportate sul giornale. In simultanea mio padre pubblicò un articolo, in cui riferiva tutta la mia conversazione con Polash e lo spettacolo che avevo visto. Insomma aveva scritto in dettaglio tutto quello che gli avevo riferito.

Il giorno dopo le rimanenti scolaresche andarono al circo, ma non trovarono i biglietti, perché nel frattempoerano stati già tutti venduti. Il giorno seguente sarebbe stato l’ultimo giorno. Gli scolari arrivarono ed occuparono i primi posti. Dietro non c’era rimasto alcun posto vuoto. Quando Polash con il suo scintillante costume salì in piedi in groppa al cavallo, lo scroscio di battimani non finiva più; quando poi si mise a camminare sulla corda sospesa, gli spettatori trattennero il respiro per la paura. Alla fine Polash scese e si congedò dal pubblico. La platea allora lo salutò con tali grida di gioia che cielo e terra  sussultarono.

Ad un certo momento, alla fine dei suoi giri in mezzo al pubblico, Polash si fermò dinanzi a me. Tirò fuori dalla sua tasca un pacchetto, me lo consegnò e si allontanò. Io aprii il pacchetto e vidi... la fionda! Dai miei occhi spuntarono le lacrime. Io pensavo di aver fatto chi sa quale grande regalo a Polash, ma  quello che lui mi dava era immensamente più grande e di maggiore valore. La fionda era l’unica sua proprietà. In tutto il Bangladesh non si trova una fionda come quella e, all’infuori di suo papà, nessuno è capace di farla;  quel tipo di gomma, poi,  non si trova in nessun altro posto... 

di p. Antonio Germano Das, sx.

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