Il Molise tra sentieri, tratturi e paesi

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“La strada da fare”, racconto di un mese di cammino in Molise di Maria Clara Restivo e Giulia Rabozzi, sulla stampa nazionale. Qui l’intervista a Maria Clara, autrice del libro.

di Paola Rinaldi 

21 settembre 2017

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Due passi in Molise, fra spazi sconfinati, paesi abbarbicati e antiche vie della transumanza.

A compierli sono state Maria Clara Restivo e Giulia Rabozzi, due amiche, torinesi d’adozione ed entrambe alla soglia dei trent’anni, che hanno scelto la regione a loro più sconosciuta per allacciarsi le scarpe e affrontare un cammino avventuroso.

A due anni di distanza, quell’esperienza non è sfocata nelle loro menti, ma al contrario continua ad essere ricordata e narrata nei tanti incontri in giro per l’Italia, organizzati per presentare La strada da fare, il libro – edito da Neo Edizioni – nato proprio dalla loro esperienza a quattro scarpe (qui la presentazione di Maria Clara per Luomoconlavaligia e un assaggio di lettura).

Maria Clara, com’è nato il progetto?

Da tempo, io e Giulia sognavamo di organizzare un viaggio a piedi, ovviamente insieme. Avevamo fatto un tentativo due anni prima, ma non era andato a buon fine: ci eravamo date appuntamento a Orvieto per percorrere al contrario una parte della Via Francigena, ma sono rimasta bloccata con la schiena e Giulia ha deciso di partire comunque, da sola. Sta di fatto che era rimasta in sospeso l’idea di un’esperienza in comune, arrivata poi nel 2015. Dopo aver valutato diverse mete e molti cammini organizzati, anche all’estero, abbiamo deciso di restare in Italia, che non è certo avara di luoghi meravigliosi dove camminare…

Così, il dito si è fermato sul Molise…

Esatto. Il Molise di cui non conoscevamo nulla, neppure un piatto tipico o il nome di un vino. Sta di fatto che su 400 progetti ne sono stati premiati solamente undici, fra cui il nostro, per cui siamo partite. E lo abbiamo fatto senza informarci troppo, senza cercare foto o luoghi di interesse. Abbiamo corso il rischio di “perderci qualcosa” per immergerci del tutto nell’avventura e lasciare che il viaggio prendesse vita e sostanza ad ogni passo, quasi naturalmente, come una matassa che si srotolava strada facendo.

Non sapevate proprio nulla di quella regione?

L’unico aspetto di cui avevamo sentito parlare erano i tratturi, ovvero le antiche vie della transumanza che conducevano i pastori e le loro greggi dall’Abruzzo alla Puglia a metà autunno, fino a quando – a primavera inoltrata – facevano il percorso a ritroso, in cerca di sostentamento e nuovi pascoli. Il Molise è attraversato da circa sette di quelle vie e abbiamo abbozzato un percorso probabile, ma senza la certezza di poterlo effettivamente rispettare.

Dove avete alloggiato?

Sin dall’inizio, abbiamo deciso di affidarci all’ospitalità locale. Già nel progetto per il bando avevamo inserito una cifra contenuta, perché volevamo fare questo esperimento a contatto con la gente del posto, ma anche metterci alla prova per capire quanto fossimo in grado di chiedere aiuto, condividere la nostra esperienza e costruire il viaggio in base ai suggerimenti delle persone incontrate lungo il cammino.

E quale accoglienza avete trovato?

Straordinaria. Non a caso, il nostro libro è fatto di persone, più che di luoghi. Avevamo portato una tenda, ma non l’abbiamo mai usata, perché tutti hanno contribuito in qualche modo: chi ci ha accolte per la notte, chi ci ha rifornite di cibo e acqua, chi ci ha messo a disposizione la propria casa per qualche giorno, lasciandoci addirittura le chiavi. Abbiamo trovato mille porte aperte, spesso ancora prima di bussare.

La sorpresa più grande?

In generale, non ci aspettavamo il Molise così verde e diversificato, perché lo immaginavamo arido e vuoto. Al contrario, il fatto di essere una regione così piccola consente una grande varietà, che va dalle montagne al mare: l’assenza di industrie e il fatto che i cammini non siano così diffusi hanno consentito alla natura di riprendersi gli spazi e conservare un’immagine integra, dominante e selvaggia.

A tuo parere, a cosa è dovuta questa assenza di turismo, compreso quello lento?

Ho avuto l’impressione che in Molise ci sia poca dimestichezza con gli strumenti del turismo canonico, ma anche che fra la gente esista un’estrema generosità. Il grande cuore che batte in questa regione ha favorito lo sviluppo di un’enorme rete di associazionismo e volontariato, per cui gran parte dell’offerta per chi arriva da fuori è gratuita e non viene vista come fonte di reddito. Per esempio, da 23 anni, viene organizzato l’evento “Cammina, Molise!”, che coinvolge centinaia di marciatori italiani e stranieri lungo sentieri straordinari e percorsi di rara bellezza naturalistica. Al di là di una piccola quota d’iscrizione, l’alloggio viene offerto dai paesi ospitanti, che ricevono una sovvenzione: ecco, una manifestazione che altrove verrebbe sfruttata per fare cassa, qui è organizzata in un’ottica completamente diversa.

Qual è il fascino di un cammino come quello che avete intrapreso?

Procedere a passo lento consente una conoscenza approfondita del territorio che attraversi, perché lo sguardo si posa continuamente su ciò che accade e si modifica intorno, ma soprattutto stravolge la normale modalità di movimento. In genere, ci si sposta da un interno a un altro interno, come quando lasciamo casa per raggiungere il lavoro, un locale o l’abitazione di un amico. Camminare invece rende l’esterno protagonista, confinando l’interno a una parentesi per dormire o mangiare un boccone. In più, il cammino permette un incontro con l’altro che è esplosivo, perché abbatte abitudini, convenzioni, modi di pensare e la nozione del tempo: in condizioni di normalità, servono mesi prima di ricevere l’invito a pranzo da qualcuno che si è appena conosciuto. In viaggio, invece, quel muro si abbatte in fretta e, nel giro di poche ore, trovi quella confidenza che impiegheresti anni a guadagnare con altre persone.

E adesso, cosa resta di tutta quell’esperienza?

Mille ricordi, un libro e tante presentazioni, che io e Giulia stiamo portando in giro per l’Italia. Il calendario degli appuntamenti viene pubblicato sulla nostra pagina Facebook: sono impaziente di raccontare quello che ho vissuto, perché tutti dovrebbero vivere un’esperienza così totalizzante che ti segna nel profondo.

Il tesoro con cui sei tornata a casa?

La lezione che ho ricevuto sull’importanza del condividere. Gli ospiti vanno accolti senza troppi fronzoli, ma facendoli sentire a casa, anche nelle imperfezioni di una famiglia. E poi quel viaggio mi ha permesso di interrogarmi sulle mie radici, sul senso di appartenenza. Il Molise è una regione dove respiri l’orgoglio verso la storia locale, il territorio, le usanze: se non provi lo stesso attaccamento per la tua culla d’origine, ti viene spontaneo domandarti il motivo, ma anche capire quanto al contrario sia meraviglioso sentirti parte di un luogo che resta ad aspettarti ovunque vai.

di Paola Rinaldi (da luomoconlavaligia.it) 

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