SHOPON

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Favola bengalese che vuol far riflettere

di p. Antonio Germano Das, sx.

15 settembre 2017

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BREVE PREMESSA. Un racconto importato o, meglio, inculturato. A quelli della mia generazione, nati poco prima, durante o subito dopo la II guerra mondiale, leggendo il racconto sembrerà rivivere qualcosa che li riguarda e che li ha toccati in un tempo ormai lontano. Man mano che traducevo dal bengalese, dicevo dentro di me: strano! ma questo racconto devo averlo già letto in qualche libro! Verso la fine mi è venuta l’illuminazione: sì, è un racconto del libro Cuore di Edmondo De Amicis, che porta il titolo “Il piccolo scrivano fiorentino”. Cambiano i luoghi, cambiano i tempi e i personaggi, ma la realtà rimane. In Bangladesh poi il problema del lavor minorile, che, ai miei tempi, non era sentito come problema, ma faceva parte della normalità della vita, è un fenomeno ancora molto diffuso. Guardando alla mia famiglia, per esempio, noi eravamo in 5 fratelli (dico eravamo, perché l’ultimo, Elio, morì giovannissimo all’età di soli 20 anni) e rappresentavamo 3 generazioni diverse: due di noi erano nati prima della guerra, uno in pieno conflitto e gli ultimi due alcuni anni dopo la guerra. Soprattutto negli anni più duri, ognuno di noi era chiamato a dare il suo contributo per mandare avanti la famiglia. Ricordo che a 6 anni io ho ereditato il nostro piccolo gregge da mio fratello che entrava in collegio per studiare. Il nostro gregge non ha mai superato il numero di tre peccore, perché, appena nasceva un agnellino, lo si vendeva al momento giusto per raggranellare un po’ di soldi. L’ultimo agnello della mia epoca di pastorello mio padre lo regalò al  parroco, che mi aveva preparato gratuitamente agli esami di ammissione alle medie. Quando poi, all’età di 12 anni, entrai in seminario, il piccolo gregge passò alla custodia del fratello che viene dopo di me. Poi la catena si interruppe per il cambiare dei tempi. Chiedo scusa ai lettori per questa parentesi autobiografica.

Oggi Shopon è tornato dalla scuola con la pagella. E’ stato bocciato in due materie: Inglese e Bengalese. Neppure tre mesi fa i risultati scolastici sono stati buoni. Questa volta, se non si impegna, non passerà alla classe VII. Sua madre per alcuni giorni ha tenuto nascosto la pagella. La salute del papà è cagionevole e non migliora. Inoltre non si sa se egli possa mantenere il suo impiego al comune. La preoccupazione della famiglia e cioè come dare da mangiare ai suoi quattro figli e come mantenerli agli studi lo rende impaziente. Ha fatto richiesta al chairman di aumentargli il salario, ma non ha avuto nessuna risposta. Il chairman shaheb, a mezzo di altri, gli ha fatto sapere che se il salario non è sufficiente, si cerchi un altro lavoro. Al suo posto è pronto a subentrare un migliaio di persone. Allora il papà è riuscito a procurarsi un lavoro extra, che esegue in casa. Si tratta di correggere le bozze di una locale tipografia. In questo modo, lavorando tre o quattro ore al giorno, riesce a raggranellare un po’ di soldi. Questo comunque è un lavoro molto impegnativo, che richiede una continua attenzione. La sua salute perciò è cominciata a deperire ancora di più.

Oggi il papà è tornato dal comune verso sera: fisicamente stanco e mentalmente esausto. Ha chiesto: “Dov’è Shopon?” La mamma ha risposto: “E’ sotto la pianta e fà ripetizione ai suoi fratelli. Sciacquati le mani e la faccia; io intanto ti preparo il the”. “Ho sentito che tutti hanno ricevuto la pagella; Shopon non l’ha ricevuta?” “L’ha ricevuta... Ecco il tuo the! Vado a cercarla e te la porto... In realtà i suoi esami non sono andati bene. Le tue preoccupazioni sono già tante ed io non volevo aggiungervi delle altre”. “Cosa sia successo a quel ragazzo, io non riesco a capirlo. L’anno scorso il direttore scolastico diceva: in tutta la scolaresca non c’è un alunno come lui ed io personalmente me ne vantavo dinanzi a tutti. Adesso ho vergogna a mostrare la faccia...” “Non ti crucciare! Vedrai che il mio ragazzo si raddrizzerà. Bisogna avere pazienza; che so io... il medico ha detto che con lo sviluppo fisico qualcosa del genere capita”. “Cosa dici mai! Durante le ore di scuola lui si addormenta ed io dovrei rimanere in silenzio? Il direttore oggi mi ha chiamato dicendomi che in questi sei mesi Shopon durante la lezione quasi sempre dorme. Chiamalo, accidenti! Shopon! Shopon!... E’ vero che sei stato bocciato in Inglese e in Bengalese e che durante le ore di scuola ti addormenti?” “Non accadrà più, papà!” “Per voi, notte e giorno, io mi logoro con la fatica per farvi crescere da uomini; io avevo riposto tanta fiducia in te... e tu hai rovinato il bel tutto... non posso fare più affidamento su di te! ...”

Shopon si allontanò. Dai suoi occhi scendevano grossi lacrimoni. Ancora per alcuni giorni il volto del papà rimase oscuro come il cielo nel mese di Ashar (è il primo mese della stagione delle piogge: 15 giugno-15 luglio). Ma un bel giorno, di mattino, Shopon rimase sorpreso. Sul volto del papà non c’era più segno di rabbia o di dispiacere. Anche sulle labbra della mamma era rispuntato il sorriso. Andato a fare colazione vide che nel piatto, invece del solito chapati (il solito pane dei poveri), c’erano 4 porate (un pane più sostanzioso). Egli non riusciva a capirci niente: neppure il giorno delle Eid (la grande festa dei musulmani al termine del Ramadan) la mamma spende tanto!... La sera, poi, al momento della cena, quando il papà, la mamma e i fratellini stavano per mettere le mani sul piatto, improvvisamente...: “Shopon, prendi, ho portato per te questa nuova camicia!” “Oh! Papà!” “Durante gli scorsi sei mesi mi hai aiutato correggendo tutti quei fogli ed io non son riuscito a capire, perché la tua scrittura è uguale alla mia; ma la notte scorsa me ne sono accorto. Mentre tu stavi lavorando, io ero in piedi dietro di te. Sono rimasto dietro a te due ore intere...” “Papà, tu lavori troppo ed io non voglio che tu cada ammalato!” “Taci! Per due ore, mentre ero in piedi dietro di te, ho ringraziato Allah per avere un figlio come te. Inoltre oggi, mentre ero in ufficio, mi sono vantato di te di fronte a tutti... Questa volta però ascoltami: se ancora una volta durante la notte ti azzardi ad andare a fare quel mio lavoro, dovrai andare in giro con un grosso sacco di iuta che ti legherò dietro la schiena. Se non faccio così, so che tu non cambierai: l’ho detto e lo farò... Io...” L’ultima parola del papà non venne fuori, perché la sua gola si strinse in una morsa e dai suoi occhi spuntarono le lacrime. Proprio in quel momento la sorellina venne ed abbracciò Shopon. Durante quei lunghi sei mesi dalla bocca del papà e della mamma non aveva sentito una sola parola benevola nei suoi confronti. Questa volta la sofferenza di tanti giorni è scomparsa come per incanto.

di p. Antonio Germano Das, sx.

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