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OMAL E LA FREGOLA DI DIVENTARE PRESTO UOMO

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Favola bengalese che vuol far riflettere

di p. Antonio Germano Das, sx.

5 settembre 2017

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BREVE PREMESSA.BREVE PREMESSA. Tipico paesaggio e tipica famiglia. Il paesaggio è quello del bil, che in italiano si potrebbe tradurre con palude, parola che però che non rende pienamente l’idea di quello che sia il bil. I bil, sparsi dal nord al sud del Bangladesh, sono terre basse invase dalle acque durante quasi tutto l’anno e nella stagione asciutta diventano acquitrini o terreno paludoso, propizio alla pesca e alla coltivazione del riso. Per questo motivo la gente ha trovato il sistema per insediarvisi. Nella famiglia descritta dal racconto il papà è una figura un po' eccezionale. Egli ha capito l’importanza dello studio e si sobbarca ad ogni tipo di sacrificio perché suo figlio vada avanti e non si fermi come invece fanno gli altri ragazzi della sua età. Penso che l’autore del racconto abbia forgiato la figura di questo papà con un intento ben preciso: stimolare i genitori a mandare i propri figli a scuola anche a costo di sacrifici. I discorsi fatti poi in famiglia circa le difficoltà economiche con i disagi che ne emergono a quelli della mia età fanno venire in mente situazioni analoghe di quei tempi.

Nei bilil mezzo di trasporto è la barca, che in lingua bengalese si dice nouka. Tra l’altro la noukaè lo storico simbolo dell’Awamileague, il partito attualmente al potere. La noukaè stata un po’ la mia compagna inseparabile nei 12 anni trascorsi a Borodol, allora isola fluviale. Dico “allora”, perché adesso sui fiumi ci sono i ponti. Sulla barca si caricava la moto per passare all’altra sponda del fiume e in barca si facevano i lunghi viaggi per raggiungere altri villaggi situati sulla riva del fiume Kopotokko o dello Shipsa: tante peripezie ed anche tante paure! Ci vorrebbe un libro per raccontarle tutte.

Nel territorio di Foridpur c’è uno sterminato bil. Nel mezzo di esso la popolazione ha rialzato il terreno formando dei piccoli isolotti, sui quali poi ha costruito le proprie case. Su ognuno di esso ci sono dalle dieci alle 15 case, che formano una para (=raggruppamento di case). Nella stagione delle piogge il bilsi riempie di acqua. Per sei mesi all’anno emergono solo gli isolotti e dappertutto si vede solo acqua. Durante quei mesi è possibile muoversi solo con la nouka: i ragazzi vanno a scuola in nouka, gli adulti si recano al bazar in nouka, in noukapescano, in noukavanno a tagliare il riso e in noukalo trasportano a casa. In tale ambiente viveva Omal con papà, mamma, un fratellino e due sorelline.

Omal ha 13 anni e frequenta la sesta classe. Quelli della sua età quasi tutti hanno cominciato a lavorare. Quando Omal s’incontra con loro, essi dicono: “Guarda, Omal, quanti pesci ho pescato la notte scorsa con la canna! Guarda questo biglietto da 50 take! Le ho guadagnate io! E hai visto la mia camicia? Costa 60 take e l’ho comprata con i miei soldi!” Omal prova vergogna; egli non guadagna un soldo. Suo padre, di notte, con un mazzo di canne da pesca sale sulla nouka e si dirige verso il bil. Piazza le canne da pesca e poi gira di qua e di là per vedere se qualche pesce ha abboccato. Durante l’inverno girare in noukacon la nebbia è un duro lavoro.

Omal a più riprese dice al papà: “Questa volta però vengo anch’io con te!” La risposta del papà è sempre la stessa: “No, Omal, finisci i compiti di scuola!” “Da quando li ho finiti!” “Proprio no, Omal. Se tu vieni con me, domani durante le ore scolastiche avrai sonno”. Omal fa silenzio, non parla, ma dentro di sé continua a pensare. Spesso col fratellino e le sorelline si siede a tavola per mangiare solo una volta al giorno. Allora prova vergogna e pensa: oh! se io potessi lavorare! Di tanto in tanto il papà, quando ci si siede a mangiare, confida alla mamma le varie situazioni di disagio: “La rete da pesca è ormai infracidita, non c’è alternativa che comprarne un’altra”. Ma la mamma dice: “Occorre piuttosto riparare il tetto della casa (bisogna tenere presente che la capanna è coperta con foglie di palma); di notte attraverso le fessure i ragazzi possono contemplare le stelle del cielo! Quest’inverno si ammaleranno”. 

Omal non riesce più a trattenersi. Un giorno che andò dal suo mama(=zio materno) vide i piccoli delle anatre e disse: “Mama, io oggi non mangerò le pitha(dolce bengalese), prendo invece 5 anatroccoli”. “Tu non conosci i pulcini delle anatre! Essi mangiano come diavoli. Sei tu in grado di alimentarli?” “Certo che lo sono! Li nutrirò con lumache e giacinti d’acqua”. Passò una settimana. Un giorno all’alba il papà di Omal, ritornato dal bil, si sdraiò sul letto a riposare. Allora Omal piano piano con un palo di bambù fornito di uncino salì sulla nouka. Spingendo la noukaattraverso i campi di riso, si recò alla casa del mama. Tornò dopo due ore. Nel viaggio di ritorno raccolse grosse lumache e le portò a casa. Verso mezzogiorno al papà capitò di vedere gli anatroccoli. Il suo volto si rabbuiò: “Ascolta, Omal, i due legni del fondo della noukasono diventati marci; finché non li riparo, tu non ti azzarderai più ad uscire nel bilcon quella nouka. Intesi?” Sul volto del papà si erano accumulate nuvole burrascose.

Da quel giorno Omal si alza all’alba e per raccogliere lumache e giacinti d’acqua va nel bilcon la noukadel kaka(=zio paterno). Torna a casa prima dello spuntar del sole. Omal non avrebbe mai immaginato che 5 anatroccoli potessero mangiare tanto. La mamma dice al papà: “Hai visto a che ora il ragazzo si reca nel bil? Giorno dopo giorno gli occorre più tempo. Con questo freddo quanto deve soffrire!” “Basta! Non ti voglio più sentire! Vuole lavorare? Che lavori! Tuo figlio è diventato uomo!”

Ma un giorno, di buon mattino, la mamma svegliò il papà: “Ehi! Svegliati, il ragazzo non è ancora tornato! Oggi egli non ha trovato la noukadel suo kakaed è uscito con la nostra nouka”. Il papà fu preso da sgomento. Uscito di casa, vide che all’attracco non c’era la nouka. Guardò in tutte le direzioni. Assai lontano, nel mezzo del bil, c’è la casa dei Shumbho. Con un salto fu in mezzo all’acqua. Nuotando arrivò al loro attracco e, salito sulla nouka, cominciò a spingerla come un matto… La noukadi Omal era affondata. Lui era aggrappato ad un cespuglio di giacinti d’acqua in uno stato di incoscienza. Nel momento in cui il papà lo sollevò e lo collocò sdraiato sulla nouka, egli svenne. Nello stato di incoscienza il padre lo portò a casa. Poi il papà e la mamma insieme cominciarono a massaggiarlo. Finalmente Omal aprì gli occhi. Il papà disse: “E’ finita bene! Dagli da mangiare qualcosa di caldo. Io vado a cercare la nouka. Non c’è altra via se non quella di farla riparare”.

di p. Antonio Germano Das, sx.

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