Un Molise democratico e solidale. Perché NO?

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I molisani devono spiegare a se stessi quale complesso di inferiorità impedisce loro di farsi rappresentare da qualcuno o da qualcuna che abbia a cuore solo e unicamente il bene comune.

di Paolo Di Lella (da ilbenecomune.it)

19 luglio 2017

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Spesso, in politica gli unici che si possono permettere di dire la verità sono i leader dell’opposizione. Sempre che siano oppositori sinceri, naturalmente.

Meglio ancora se si trovano nella condizione di non aver nulla da perdere.

Così, poco dopo il colpo di Stato con cui la troika impose Mario Monti, l’ex premier (l’ultimo eletto democraticamente) Silvio Berlusconi, ospite di un Michele Santoro più in bambola del solito, spiegò per filo e per segno la fase politica: l’establishment europeo aveva deciso di puntare su un “tecnico” a cui affidare il ruolo di commissario liquidatore di quel che rimaneva del patrimonio pubblico.

Nello stesso periodo, in Molise, i dirigenti del PD, con il consueto “realismo”, consci della necessità di rientrare dall’enorme debito accumulato dalla gestione fin troppo allegra di Iorio, scelgono il candidato che meglio incarnava in quel momento la politica di lacrime e sangue che si sarebbe dovuta attuare negli anni avvenire.

Diamo per buono che gli architetti di questo piano, Ruta e Leva – che ora, disperatamente, giocano la carta del populismo – non avessero immaginato fino a che punto si sarebbe spinta la loro creatura, sta di fatto che l’attuale presidente della Giunta regionale, Paolo di Laura Frattura ha perseguito negli anni del suo governo una politica di rigore assoluto con la stessa determinazione con cui ha curato gli affari propri. Mettendoci tutto il cuore.

In campo sanitario – senz’altro il settore più importante, in quanto vale l’80% della spesa regionale – Frattura riesce a portare avanti, allo stesso tempo, tre obiettivi fondamentali: eseguire gli ordini del Governo centrale, a sua volta pressato dal Vaticano, di incrementare l’attività dell’Università Cattolica; tagliare drasticamente la spesa eliminando i posti letto negli ospedali pubblici; e in ultimo, coprirsi a destra assecondando le richieste di Patriciello, il più importante operatore privato della sanità regionale, nonché europarlamentare di Forza Italia, attualmente stampella fondamentale dell’esecutivo guidato da Frattura.

Il Piano di riordino che imbastisce, dunque, rappresenta appunto il tentativo di far convergere queste tre finalità.

Il documento, comunque, una volta redatto, aveva bisogno dell’approvazione del Tavolo tecnico composto dai Ministeri della sanità e dell’economia. Con il primo l’accordo era già totale da tempo. Lo ha detto ieri durante la seduta monotematica sulla sanità in Consiglio regionale, Michele Iorio il quale non può certo fare il santarellino avendo scavato durante i dieci anni di suo governo quasi 800 milioni di debito sanitario, tuttavia però ora si trova nelle condizioni di cui sopra e dunque nella possibilità di raccontare le cose come stanno.

E come stanno le cose?

Che il Ministero della salute subisca le pressioni delle lobby della sanità privata è ormai evidente. Non per niente il Rettore dell’Università cattolica recentemente ha affermato che il tipo di accordo che loro auspicavano era quello promosso dal Ministero della Lorenzin, in cui la Regione si impegnava a mettere in sicurezza e ampliare l’attività della Fondazione.

Il Ministero dell’economia, invece, il vizietto di fare i conti ancora non lo ha perso del tutto e pare che pretenda di vedere i costi del progetto di integrazione Cardarelli-Cattolica.

Una spina nel fianco per Frattura, il quale sa benissimo che i conti non tornano. Del resto, trasferire reparti perfettamente funzionanti da un ospedale pubblico presso strutture private convenzionate e pensare di risparmiare è da pazzi.

Comunque sia, il Tavolo tecnico aveva dato un sostanziale beneplacito, seppure con riserva, per il piano di Frattura. In cambio, il presidente della Giunta e Commissario si era impegnato a fornire entro un mese un quadro dettagliato dei costi dell’operazione.

Dopodiché è passato un anno e Frattura, come al solito quando si tratta di dare spiegazioni, non si è fatto più sentire.

Il risultato è che la fiducia che i Ministeri e la Conferenza Stato-Regioni gli avevano concesso stava per scadere.

Ma la scorciatoia, in Italia, se conosci qualcuno, la trovi sempre. Così, improvvisamente – provvidenzialmente, dovremmo dire – il Governo, d’imperio, trasforma il piano di Frattura in Legge dello Stato, così da blindarla una volta per sempre.

I molisani dovrebbero denunciare il PD al Tribunale dell’AIA, altro che ricorsi al TAR…

Michele Iorio, al contrario di Frattura (noi siamo e saremo sempre fieri oppositori di Iorio), oltre ad un’impareggiabile intelligenza politica, possiede il senso delle Istituzioni democratiche. È per questo che si è sentito giustamente violentato da questa iniziativa del Governo centrale e proprio ieri, durante il Consiglio, ha presentato una mozione che avrebbe impegnato il Presidente della Giunta a inoltrare un ricorso alla Corte costituzionale per far decadere il Decreto governativo e restituire sovranità alla Regione Molise.

Una genialata, quella di Iorio, che avrebbe messo in ridicolo il nostro Commissario davanti a tutta Italia, costringendolo a ricorrere contro un provvedimento che egli stesso aveva invocato.

Peccato, però, che l’eterogenea maggioranza di governo, che va dai Comunisti Italiani a “Rialzati Molise” di Patriciello, passando per Sel e per l’Italia dei valori (!), si sia compattata al di là delle proteste di Niro, Petraroia, Scarabeo e Totaro che, invece, hanno votato insieme a Iorio, Cavaliere, Sabbusco, Federico e Manzo.

I molisani si devono chiedere cosa hanno fatto per meritare dei rappresentanti che votano contro l’autonomia del Consiglio in cui sono stati eletti.

I molisani devono chiedersi perché ogni cinque anni devono essere obbligati a scegliere il male minore piuttosto che l’ideale.

I molisani devono spiegare a se stessi quale complesso di inferiorità impedisce loro di farsi rappresentare da qualcuno o da qualcuna che abbia a cuore solo e unicamente il bene comune.

Ieri, mentre ero seduto nell’area del Consiglio dedicata alla stampa, mentre davanti a me si consumavano tradimenti, mi sono voltato indietro, verso il pubblico, e ho incrociato lo sguardo fiero, sincero, leale, generoso di Italo Testa, il Presidente del Forum in difesa della sanità pubblica. Uno sguardo fermo e rassicurante, nonostante nel suo animo infuriasse la guerra. Ottimista fino in fondo nonostante tanti decenni di delusioni. Poi, una volta uscito, l’ho ritrovato che si scagliava contro i consiglieri che avevano votato no, in particolare contro quelli di sinistra. Lui, 86 anni, solo con(tro) tutti.

Per un attimo ho chiuso gli occhi e ho rivisto Pertini, Berlinguer, Gramsci, Che Guevara… Tutti i miei maestri. Ma anche personaggi avversi al mio campo politico, da De Gasperi a Einaudi, da La Malfa a Pannella… tutti, al di là di tutto, accumunati da una statura intellettuale e morale irraggiungibile per questi nani attuali.

di Paolo Di Lella (da ilbenecomune.it)

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