L’ANELLO MAGICO

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Favola bengalese che vuol far riflettere

di p. Antonio Germano Das, sx.

7 luglio 2017

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BREVE PREMESSA. Ancora una volta protagonista della fiaba è il choto chele (il figlio minore), se parliamo di figli o il chotobhai(fratello minore), se parliamo di fratelli. Anche qui vediamo che l’interesse prevale nella scala dei valori e porta a calpestare, con molta disinvoltura, uno dei valori più sacri, quale è appunto l’amore tra i fratelli. La fiaba è come un invito a leggere la realtà odierna, in cui i minori continuano ad essere gli esclusi. Voglio collegarla anche ai testi liturgici della prossima XIV Domenica del tempo ordinario, in cui “gli emarginati, i poveri, i semplici (ed io aggiungo: la discarica umana) sono scelti come gli ideali compagni di viaggio ed amici di Gesù” (G. Ravasi in “Celebrare e vivere la Parola”). Il nostro re è quello che ci viene presentato dal profeta Zaccaria: “Ecco viene a te il tuo re… umile, cavalca un asino… Farà sparire i carri… L’arco di guerra sarà spezzato e annunzierà la pace alle genti” (Zc 9,9-10). Interessante notare come nella fiaba il choto chele o chotobhaiha un nome e si chiama Boku, mentre il boro chele o boro bhaie il mejo chele o mejobhainon hanno un nome.

Un agricoltore era in fin di vita. Egli aveva tre figli. Sul punto di morire li chiamò e disse loro: “Io ho una casa, un pezzo di terra ed un piccolo deposito di danaro. Ho anche un anello, che, ponendolo al dito, mette in grado di intendere il linguaggio degli animali. Ognuno di voi scelga cosa prendere”. Il boro chele disse: “Io mi prendo la casa ed il terreno”; il mejo chele soggiunse: “Io mi prendo i soldi”. Al choto chele la sorte non riservò che l’anello. Il suo nome era Boku. Un giorno, dopo la morte del padre, Boku si fermò nella casa del boro bhai. Poi il boro bhailo invitò ad andarsene. Allora egli si presentò dal mejobhai. Però anche il mejobhaiil giorno dopo gli disse di andarsene.

Incominciò a girare di qua e di là in cerca di lavoro per riempire lo stomaco. Un giorno non trovò nessun lavoro. Giunta la notte, si sdraiò sotto un albero. Ma, sotto il pungolo della fame, non riusciva a prendere sonno. Allora gli venne di sentire una gatta, che, brontolando, diceva al gatto: “Gli uomini sanno tante cose, però, quando si tratta di preparare una medicina, essi sono molto ignoranti. Vedi, per esempio, alla corte del re ci sono tre medici, ma nessuno di loro riesce a guarire il figlio e tuttavia tu sai che quell’erba medicamentosa che occorre per guarirlo si trova qui e cresce dappertutto”. Il gatto rispose: “Se dovesse sopravvivere, che guadagno ne ha? Non hai sentito che domani notte il capo dell’esercito lo farà prigioniero e lo porterà in esilio in una piccola isola in mezzo all’oceano? Giunto lì dovrà spendere tutta la vita come un mendicante”.

Sentito tutto questo discorso, Boku provò una grande compassione per il piccolo principe. Di tutta quell’erba medicamentosa, di cui parlava la gatta, ne fece un mazzetto e si presentò dal re. Giunto al suo cospetto disse: “Moharaj, dal momento che nessuno è riuscito a guarire suo figlio, lasci a me di provarlo”. Il re rispose: “D’accordo, dagli pure da mangiare la tua medicina. Egli ormai sta morendo e la sua condizione non diventerà peggiore”. Boku fece bollire l’erba e diede a bere il decotto al principe, il quale si mise immediatamente a dormire. Fu allora che Boku disse al re: “Moharaj, se non fa prigionieri il suo primo ministro ed il capo dell’esercito, questa stessa notte il suo regno avrà fine”. Il re mandò sull’istante due spie e venne così a sapere del complotto. Fece quindi imprigionare il primo ministro ed il capo dell’esercito.

Nel frattempo il principe si era svegliato ed aveva incominciato a giocare. Era spuntato in lui un grande affetto per Boku. Disse al padre: “Boku rimarrà con noi!”. Il re rivolto a Boku disse: “Boku, io ti costituisco mio primo ministro”. Boku rispose: “No, moharaj, tutti possono diventare primo ministro, ma quello che posso fare io, nessuno sa farlo. Io mi prenderò cura di tutti gli animali e gli uccelli, che vivono nella reggia e tutto quello che dicono gli animali lo riferirò a lei”. Da quel giorno il re non intraprese nessuna opera, senza prima consultare Boku.

di p. Antonio Germano Das, sx.

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