I DUE GEMELLI

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Favola bengalese che vuol far riflettere

di p. Antonio Germano Das, sx.

8 giugno 2017

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BREVE PREMESSA. Episodi come quello narrato nel racconto possono accadere in qualsiasi parte del mondo. Quello che emerge come insegnamento è la constatazione di come l’ambiente e la buona o cattiva compagnia possano incidere profondamente nella vita di un uomo. C’è anche un aspetto redentivo: l’affetto genuino che lega Osman a Faruk diventa punto di richiamo forte per reimpostare la propria vita. Tornano in gioco i tokai (streetchildren), già protagonisti di un altro racconto. Nella lingua bengalese, come del resto in tutte le lingue, ci sono nomi per designare i diversi gradi della criminalità. Si incomincia col chor(pronnuncia: cior), che è il ladro comune. Viene poi ildakat, che in italiano equivale a brigante o bandito. I dakat assaltano per rubare, ma sono pronti a picchiare o a uccidere se incontrano resistenza. Sono organizzati in gruppo. Nella mia vita missionaria anch’io sono stato assalito un paio di volte dai dakat, ma ho avuto salva la vita. A Jamalnagar, un villaggio della missione diBorodol, c’era un famoso dakatdi nome Shudhanno, conosciuto un po’ da tutti i Saveriani di una certa età (mi dicono che è ancora vivo, ma ormai agli estremi). Di lui è conosciuto un po’ da tutti un aneddoto. Una volta la polizia l’aveva fermato perché c’era stato il furto di una capra nel villaggio. Alla polizia che lo accusava egli rispose: “Non mi abbassate a quel livello! Io non sono chor, io sono dakat”. C’è infine un altro termine per indicare il grado estremo della criminalità. Si tratta del shontrashi, che è il terrorista, legato ad un fenomeno così diffuso ai nostri giorni e quasi quotidianamente riportato dai mezzi della comunicazione.

Nel distretto di Comilla si trova il villaggio di Jhautola. Qui abitavano i due fratelli Osman e Faruk. Erano gemelli e, a guardarli, erano tanto simili che anche i genitori, quando li chiamavano per nome, si sbagliavano. Ma un giorno Faruk, uscendo di scuola, attaccò brighe con un delinquente. Andato per difendere il fratello, Osman si prese una sassata sulla fronte. Gli rimase perciò un segno, che l’accompagnerà per tutta la vita. Adesso i suoi compagni, vedendo il segno, potevano riconoscerlo.

Ma un giorno la mamma, per un improvviso attacco di colera, venne a mancare. Allora Faruk andò dallo zio materno e lì trovò modo per crescere da uomo. Egli diventò un bravo falegname come lo zio. Osman si trasferì col papà a Dhaka. Qui il padre si trovò a fare diversi generi di lavoro. Anche il figlio, per sopravvivere, girando di qua e di là, incominciò ad arrangiarsi in diversi modi. Un certo giorno, entrato a far parte di un gruppo di tokai, divenne loro capo. Se trovavano occasione di lavoro, essi lavoravano, altrimenti si arrangiavano rubando. Attraverso tutti questi espedienti, Osman arrivò all’età di 20 anni. Non ebbe più modo d’incontrarsi una volta sola col fratello.

Un bel giorno Osman disse ai giovani del gruppo: “Compagni miei, se non osiamo un po’ di più, non riusciremo a fare nessun progresso. Vale la pena correre un rischio piuttosto che rimanere nella situazione in cui ci troviamo. Vi propongo il mio piano. Un treno notturno va da Dhaka a Chottogram (Chittagong). Verso l’una di notte, il treno viaggia dinanzi ad una piccola stazione. Qui non ferma, ma va così adagio che non c’è nessun pericolo a scendere dal treno. A quell’ora tutti dentro il treno dormono. Se noi con una borsa scendiamo dal treno, nessuno se ne accorgerà. Se, nel momento di prendere la borsa, qualcuno se ne accorge, con un colpo di bastone sulla testa lo si mette a tacere. Noi scenderemo in prossimità della stazione. Uno dei nostri starà lì ad aspettare. Dopo aver nascosto la roba durante la notte, al mattino saliamo sul treno per tornare a Dhaka”.

Si cominciò a lavorare secondo il piano di Osman. Essi, una, due, tre volte, dopo aver rubato le borse, tornavano a Dhaka. Però i risultati non erano secondo quanto si aspettavano ed il gruppo di Osman ormai si stava stufando. Stando così le cose, un giorno accadde qualcosa di strano. Osman non riusciva a tirar fuori una borsa da sotto un sedile del treno. La borsa era legata al braccio di un passeggero, che stava dormendo. L’uomo si svegliò e puntò la pila sul volto di Osman. Osman mise mano al bastone… In quell’istante l’uomo, vedendo la cicatrice sulla fronte lo riconobbe. A voce bassa disse: “Osman, fermati! Sono Faruk!” Il bastone cadde dalla mano di Osman. Faruk gli si strinse al collo e, ponendolo a sedere accanto, cominciò a piangere. Disse: “Osman, pensando a te di giorno e di notte, non ho smesso di piangere. Andiamo, vieni con me, io non ti lascerò! Nella gioia e nel dolore staremo assieme, non avrai più bisogno di rubare. Questa volta se riesco a sopravvivere io, anche tu sopravviverai”.

di p. Antonio Germano Das, sx.

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