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IL NONNO ESCE DI SCENA

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Favola bengalese che vuol far riflettere

di p. Antonio Germano Das, sx.

23 maggio 2017

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BREVE PREMESSA. Il racconto ci presenta un quadro famigliare tipico qui in Bangladesh, in cui manca l’assistenza sanitaria e può andare dal medico e curarsi solo chi ha i soldi. Vediamo un papà ammalato, che non può andare al lavoro e quindi tutta la famiglia ne risente a cominciare da Manik, che è estromesso dalla scuola, perché non può comprarsi i libri. Compare anche la figura simpatica del nonno paterno, chiamato affettuosamente dadu, che è il titolo che si dà anche a tutte le persone anziane. Alla mia età, nella zona, io sono un po’ il dadudi tutti. Per definire il grado di parentela nell’ambito della famiglia e nella cerchia più larga degli zii e zie, nonni e nipoti c’è tutta una cultura estremamente interessante. Da noi, in Italia, uno zio, paterno o materno, è sempre zio. Nella lingua bengalese ogni grado di parentela ha la sua designazione precisa. Se in una famiglia, per esempio, ci sono 4 fratelli, il primo si chiamerà boro bhai, il secondo mejobhai, il terzo sejobhaie l’ultimo chotobhai. C’è poi la lunga serie di nipoti, cugini e cugine, zii e zie, cognati, nonni e nonne, tutti identificati con un nome ben preciso e nessuno si sbaglia a riguardo. Il nome è quanto mai significativo in questa cultura ed è come il filo di seta che tiene unito tutto il ghosthi(=il clan).

Tornato da scuola, Manik dice alla mamma: “Ma (così è chiamata in bengalese la mamma), io a scuola non ci vado più! Tutti hanno i libri, soltanto io non li ho. L’insegnante mi ha detto di rimanere a casa se non compro i libri”. La mamma rimane in silenzio. Il papà di Manik non si è ancora ristabilito dalla malattia. Il nonno prima aveva un lavoro al comune. Ora, all’età di 60 anni, è stato licenziato con una piccola somma di danaro. Quei soldi, però, adesso stanno finendo…. La mamma di Manik, tra sé e sé, sta pensando: che cosa darà da mangiare al marito, al suocero e ai tre figli? Dice al figlio: “Ragazzo mio, abbi pazienza per qualche giorno; appena tuo padre sarà in grado di andare al lavoro, ti comprerà i libri”. Manik, arrabbiato, se ne stava andando, quando il nonno lo chiamò: “Manik, quant’è il costo dei libri di sesta?” Manik rispose: “500 take (5 euro). Il nonno disse: “Su, vieni, andiamo al bazar”. La mamma fece molte rimostranze, andò sulle furie, ma il nonno non diede ascolto alle sue parole.

Un’ora dopoManik, in compagnia del nonno, tornò a casa con i libri e col sorriso sulle labbra. La mamma si trovava allora in cucina e piangeva, ma nessuno lo notò. Manik cominciò a sfogliare i libri ed il nonno si mise ad insegnare ai piccoli. In questo modo passò via un mese. A casa con l’indigenza aumentano anche le liti. Il nonno rimane fuori quasi tutto il giorno e si fa vedere solo di notte. Si ferma ad insegnare ai piccoli, mangia un boccone e va a dormire. Ma un giorno Manik, al mattino, sul letto di fianco trovò una lettera: “Dadu (di per sé è il nome con cui viene indicato il nonno; qui il nonno, affettuosamente, si rivolge al nipote chiamandolo dadu), finché c’è indigenza, io non potrò mangiare il vostro riso! Mi cercherò un lavoro e troverò il modo per sopravvivere. Con affetto. Il tuo nonno.”

Letta la lettera, Manik scoppiò in un fiume di lacrime. Anche il fratellino e la sorellina si unirono al suo pianto. Quel giorno nessuno di loro andò a scuola ed in coro cominciarono ad accusare la mamma: “Perché tu litighi in continuazione col nonno? Egli se n’è andato via, ora bisogna riportarlo a casa! Il nonno era tanto buono, spendeva il tempo ad insegnarci, giocava con noi e non ci rimproverava mai. Sei statatu ad allontanare il nonno, ora tocca a te riportarlo a casa”. Alla fine anche la mamma cominciò a piangere. Ma a che cosa serve piangere? Nessuno sa dove il nonno si trova. Al termine tutti rimasero in silenzio. In casa nessuno più litiga e nessuno più ride. Manik, marinando la scuola, cerca di qua e di là il nonno. Torna a casa di notte e si mette a dormire. Se la mamma non lo chiama, non va neppure a mangiare.

Un mese dopo arriva a casa sua una lettera: “Dadu, io sto bene, tuo padre e voi tutti come state? Me lo farai sapere spedendo una lettera al seguente indirizzo: Postino Abdul – Khulna G. P. O. Egli mi troverà”. Manik si recò immediatamente alla stazione e salì sul treno per Khulna. Giunto a Khulna, dopo aver camminato a piedi per un’ora e mezzo, si recò all’ufficio postale e trovò il postino Abdul, che gli mostrò una immensa estensione di terreno, dove la gente rompeva i mattoni. Manik incominciò a cercare fra di loro, ma non riuscì a trovare il nonno. Piangendo se ne stava tornando, quando qualcuno lo chiamo: “Dadu, eccomi qui!” Manik con un balzo gli saltò al collo e lo abbracciò dicendo: “Dadu, noi continuiamo a piangere per te, non riusciamo né a mangiare né a dormire. Su, andiamo; io non ti lascerò… No, tu non potrai fare nessuna obiezione, andiamo.”

di p. Antonio Germano Das, sx.

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