IL LADRO E LA CAPRA

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Favola bengalese che vuol far riflettere

di p. Antonio Germano Das, sx.

5 maggio 2017

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BREVE PREMESSA. Questa è una commovente storia di solidarietà. Protagonista è Alì, un povero disgraziato che viene aiutato da poveri come lui. L’ambiente, come emerge dai nomi, è un ambiente musulmano e questo ci dice che la solidarietà non è una esclusività cristiana, ma emerge là dove c’è vera umanità. Nel racconto si parla di somobay-somity. Di che si tratta? In quasi tutti i villaggi, in Bangladesh, ci sono gruppi di persone, che settimanalmente o mensilmente si incontrano per mettere in deposito una determinata cifra di denaro, su cui contare in caso di bisogno. Si parla anche di para. In ogni villaggio c’è la musulman para, la hindu para, la rishi para (per i fuoricasta) o la christian para. E’ il quartiere dove abita la gente, che poi si incontra e si ritrova assieme senza distinzione al mercato. Il nome del villaggio, dove si svolge il mercato delle capre e delle vacche, è Taltola. Ci sono tanti villaggi in Bangladesh che prendono il nome da una pianta. Qui tal è il nome di una palma. Quindi si presume che originariamente il primo raggruppamento di case si trovasse all’ombra di questa palma. In questa cultura, poi, quando una persona si rivolge ad un’altra, al nome proprio aggiunge sempre il termine bhai, che significa fratello.

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Quel giorno Rohim, alzatosi di buon’ora, si accorse che la stalla era aperta, ma la capra non c’era. Chiese al figlio maggiore: “Sai dov’è la capra? Vedi un po’ dove è andata a finire.” Dopo aver girato per mezz’ora tutta la para, il figlio tornò indietro: della capra nessuna traccia. ARohim non passa minimamente per la testa che la capra possa essere stata rubata. Nel villaggio non ci sono questi tipi di latrocinio. Tuttavia dice al figlio: “Oggi, al mercato di Taltola, c’è il mercato delle capre e delle vacche. Se trovi la capra, di’ all’uomo che ne è in possesso: Mio padre mi ha detto che non è più necessario vendere la capra, dammela indietro che la riporto a casa.”

Due ore dopo il figlio tornò indietro con la capra. La capra era legata ad un palo; egli la slegò e la portò via senza che nessuno dicesse niente. La settimana dopo, però, quando il somobay-somity si sedette per l’incontro, ad un certo punto Harun alzando la mano chiese la parola dicendo: “Io voglio sapere di chi era la capra che Alì bhai la settimana scorsa portò al mercato di Taltola per venderla.” Tutti si volsero indietro a guardare Alì e vennero così a conoscenza del fatto. Alì rimase in silenzio. La faccia era quella di un ammalato: barba ispida ed incolta, occhi affossati. Da tre mesi soffre di tubercolosi ed ha ancora la febbre addosso. Prima aveva finito i suoi risparmi, poi la gente del villaggio, facendo una colletta, gli aveva comprato 50 chili di riso. Il riso è finito, ma egli non è ancora guarito.

Prima che Alì fosse in grado di aprire la bocca, Rohim così rispose ad Harun: “Sono stato io a dirgli di venderla. Hai qualche obiezione?” Alì, colto di sorpresa, guardò verso Rohim. Poi si alzò e disse: “Rohim, non c’è nessun guadagno a dire bugie. Voi tutti avete fatto tanto per me, perciò ho avuto vergogna a tendere ancora la mano verso di voi. Coloro che vedono morir di fame i propri figli, essi potranno capire il perché di quello che ho fatto”. Subito dopo Alì uscì dall’aula. Tutti rimasero a lungo in silenzio. Alla fine Rohim prese la parola: “Fratelli tutti, quest’anno le condizioni di tutti noi sono miserevoli, tuttavia in qualche modo riusciamo a sopravvivere; però che un uomo come Alì muoia, finché siamo vivi, noi non possiamo permetterlo. Per il momento prendete queste cento take (= un euro). Con esse volevo comprarmi una maglietta, andrò piuttosto a dorso nudo! Anche voi date quello che potete.”

Tutti misero le mani al portafoglio. Di notte, tramite Reza, mandarono 50 chili di riso alla casa di Alì. Posando il sacco, Reza disse: “Alì, noi siamo tutti poveri; questo però può mai giustificare il fatto che, mentre uno di noi sta morendo, noi stiamo lì a guardare? Noi non siamo arrivati a tal punto di malvagità. Suvvia, prendi.” Alì in vita sua non aveva mai pianto, ma questa volta i suoi occhi si bagnarono di lacrime.

di p. Antonio Germano Das, sx.

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