SHUKTARA ED IL MOSTRO

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Favola bengalese che vuol far riflettere

di p. Antonio Germano Das, sx.

14 aprile 2017

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BREVE PREMESSA. Shuktara è il nome della giovane protagonista della fiaba. In lingua bengalese Shuktara significa “stella del mattino” ed è anche il nome del pianeta Venere. Dato come nome ad una ragazza si vuole sottolineare la sua bellezza. Quindi in italiano la fiaba si potrebbe intitolare: “La bella ed il mostro”.

***

C’era una volta un commerciante, che aveva una figlia meravigliosa, che si chiamava Shutara ed era molto affezionata al papà. Un giorno il papà venne a sapere che al porto era approdata la nave. In procinto di partire, chiese alla figlia: “Cosa posso portarti in regalo?” Sorridendo Shuktara rispose: “Una rosa”. Sulla via del ritorno, il papà smarrì la strada e si trovò nel mezzo della giungla. Stava scendendo la notte e lui, per la fame e la paura, si sentiva vicino alla morte. Improvvisamente si presentò ai suoi occhi una splendida reggia. Dentro non c’era nessuno. Però, per l’ospite di passaggio era allestita una mensa e c’era anche il posto per dormire. Dopo aver mangiato e ben bevuto, si abbandonò al sonno. Al mattino, se ne stava andando, quando nel giardino vide una bellissima rosa. Si ricordò allora della richiesta della figlia ed andò a coglierla.

Immediatamente il suono terrificante di una voce giunse ai suoi orecchi: “Altolà! Fermati! Per me non c’è un valore più grande di questa rosa e tu hai osato strapparla? Devi morire!” In vita sua il commerciante non aveva mai visto un uomo così abominevole e terrificante. Si prostrò ai suoi piedi dicendo: “Hujur (signore), io ho una figlia più bella di questa rosa. Ella ha voluto da me solo questa rosa. Prima di morire gliela porto e poi torno”. Il mostro accolse la richiesta dicendo: “D’accordo! Se tua figlia acconsente di vivere nella mia reggia, allora tu avrai salva la vita. Vai dunque, ti do tre giorni di tempo!”

Tornato a casa, dopo aver dato la rosa alla figlia, il papà le raccontò tutta la storia. Sentito il racconto, Shuktara disse: “Papà io andrò ed abiterò con lui. Anche se dovessi morire, non mi costerà nessun dolore”. Il padre, con le lacrime agli occhi, l’accompagnò sul posto. Al calar della notte il mostro si sedette a mangiare di fronte a Shuktara. Shuktara provò tanta paura che non riuscì a portare alla bocca neppure un boccone. Il giorno dopo, però, il mostro le disse: “Quello che vedi nella reggia è tutto tuo!” Erano ormai trascorsi tanti giorni, quando a Shuktara giunse la notizia che il papà era caduto ammalato. Allora disse al mostro: “Io devo andare”. Al che il mostro rispose: “Se tu non torni dentro sette giorni, io morirò”.

Shuktara partì per assistere il papà, ma non tenne calcolo dei giorni che passavano. Un giorno arrivò il cavallo bianco del mostro con un messaggio legato al collo: “Io sto per morire, la mia reggia è tua!”. Shuktara intraprese immediatamente il viaggio di ritorno. Il mostro era caduto a terra svenuto: i suoi due occhi erano bellissimi ed invocavano affetto. Shuktara scoppiò a piangere. Dai suoi occhi una lacrima cadde sulla bocca del mostro… Improvvisamente il suo volto si trasformò ed un poco alla volta il mostro diventò un giovane meraviglioso. Quindi si alzò e disse: “Un mago cattivo mi ha buttato addosso un unguento malefico. Il maleficio si è disciolto a contatto delle tue lacrime. Da adesso per noi due incomincerà una vita di felicità”.

di p. Antonio Germano Das, sx.

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