DULU E BUBU

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Favola bengalese che vuol far riflettere

di p. Antonio Germano Das, sx.

10 aprile 2017

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BREVE PREMESSA. Dulu, il fratellino, e Bubu, la sorella maggiore, sono i protagonisti di questo racconto. Tutto è verosimile ed anche emblematico della vita di villaggio in Bangladesh. Vi si parla della lampada a petrolio o a cherosene, come dicono qui. Oggi giorno la corrente elettrica è arrivata in quasi tutti i villaggi, ma 40 anni fa, quando arrivai in Bangladesh, non era così ed io stesso nella mia prima missione a Borodol per 12 anni feci uso della lampada a petrolio. Vi si parla anche della cucina separata dalla capanna, dove si vive e si dorme. Anche questo scenario sta cambiando rapidamente, perché tutti, appena possono, si costruiscono la casa in muratura. La casa tipica del villaggio era la capanna con basamento e mura in terra battuta e copertura con foglie di palma.

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Dulu è un ragazzo di otto anni. Un giorno, andato al pukur (pond, stagno, piccolo laghetto) notò che sulle braccia di Bubu c’erano i segni vistosi di una ustione, che, al solo guardarla, fa rabbrividire. Egli voleva molto bene a Bubu e perciò non osò chiederle niente. Da quel giorno non gli era più venuta in mente quella triste scoperta, anche perché Bubu teneva sempre le braccia coperte. Ma un giorno egli si arrabbiò in maniera incredibile conBubu. Non volle più studiare con lei, nonostante che Bubu insistesse con tutte le sue buone maniere. Alla fine le venne voglia di picchiarlo. La lite è interminabile e Dulu non cede. Nella sua piccola mente cercava qualcosa per colpire la sorella. Improvvisamente gli tornò in mente la scena del pukur e disse: “Taci tu che sei così brutta! Tu che hai le braccia bruciate!”

La lite finì sull’istante. Sugli occhi di Bubu comparvero le lacrime. Il papà, lasciati gli attrezzi di lavoro, venne lì per picchiarlo. Anche la mamma venne fuori dalla cucina. Egli non aveva mai visto tanta rabbia negli occhi del papà e neppure la mamma si era mai mostrata così dispiaciuta con lui. Che cosa aveva mai fatto lui?... Il papà aveva già alzato la mano per picchiarlo, quando la mamma intervenne dicendo: “Fermati, perché lui non sa nulla!”

Poi, presolo per mano, lo condusse in cucina. La mamma appariva molto triste in volto e i suoi occhi si stavano coprendo di lacrime. Poi cominciò a raccontare lentamente: “Tu avevi allora 2 anni. Un giorno, verso sera, stavo accendendo la lampada a petrolio e tu, accovacciato per terra, mi guardavi con i tuoi due occhioni. In quel momento arrivò tua sorella dicendo: Amma (è il titolo con cui i musulmani si rivolgono alla mamma), nel pollaio manca un gallo ed io non riesco a trovarlo. Tua sorella Bubu aveva allora 10 anni e frequentava la quarta elementare. Si stava facendo buio. Io le dissi: prenditi un po’ cura del tuo fratellino, mentre io mi reco un istante nella casa di Nilu. Appena mi fui allontanata, a te capitò di vedere il gallo nel cortile. Bubu corse subito ad aprire il pollaio.

Improvvisamente sentì il tuo grido di dolore. Vide il fuoco dentro la cucina ed in un lamposi precipitò da te . I tuoi vestiti, bagnati di cherosene, bruciavano come una torcia…”. La mamma non riusciva più a parlare. Dulu le chiese: “E poi? ...” La mamma riprese il controllo e disse: “Vedi quanto è distante da qui il pukur?Bubu ti prese in braccio e, dirigendosi di corsa verso il pukur, vi saltò dentro… Questa è la ragione per cui oggi tu sei vivo”. Dulu rimase a lungo in silenzio. Poi pian piano uscì dalla cucina. Fermatosi dinanzi a Bubu, non riuscì a dire neppure una parola, ma le saltò addosso, l’abbracciò strettamente al collo e scoppiò in un pianto dirotto.

di p. Antonio Germano Das, sx.

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