Altilia: il gioiello del Molise a cani e pecore

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Ingresso (e furto) libero, zero guide e poche indicazioni

da primonumero.it

10 aprile 2017

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Per l’antica città romana di Saepinum esistono finanche le App da scaricare e usare sul proprio cellulare. Il web trasuda di storia e di informazioni. Portali dedicati offrono inquadrature dall’altro e simulazioni di percorsi storici, viaggi suggestivi che tuttavia rimangono una opzione virtuale. Peccato infatti che, dal vivo, le antiche rovine dei siti Terravecchia e Altilia, due gioielli che da soli basterebbero a far quadrare i bilanci di svariati paesi, siano completamente abbandonate. 

Fra i resti romani, le porte, il foro e le case coloniche si aggirano pochissimi visitatori, quelli abbastanza fortunati da aver letto le indicazioni sulla Statale 87, e molti cani. Randagi, o di proprietà dei gestori del bar, quasi sempre chiuso peraltro, ai confini del sito: si muovono disinvolti sulle gradinate del Teatro e abbaiano alle pecore che pascolano a gruppetti alla periferia dell’area. Questa è casa loro. 

Il gioiello del Molise, una cittadina romana incastonata lungo le pendici del Matese, principale sito archeologico della nostra regione, è vissuto soprattutto dagli animali. Gli umani, d’altronde, spesso non riescono nemmeno ad arrivarci. «Ci è sfuggito il segnale, abbiamo dovuto fare inversione su una strada pericolosa, girarci. Ma l’indicazione era invisibile» raccontano a Primonumero.it due amici arrivati dalla Campania apposta per ammirare Altilia. Un luogo che difetta di indicazioni, come pure di report storici e informazioni in loco. Non c’è una guida, tantomeno elettronica, a illustrare l’unicità del luogo, che come una macchina del tempo è in grado di riportare indietro di secoli, fino ai primi anni del I secolo dopo Cristo, quando inizia l’edificazione della città romana preceduta da un centro fortificato di epoca sannitica che sorge sulla montagna di “Terravecchia”, espugnato dai romani durante la terza guerra sannitica, e poi abbandonato dalla popolazione che si sposta a valle, tra il tratturo Pescasseroli-Candela e quello trasversale che scende dal Matese e prosegue verso le colline della piana del Tammaro. Uno splendore, a saperlo. Ma chi arriva da queste parti, magari per caso, non lo sa. E non ha modo di saperlo, visto che è tutto affidato al caso, anche la visita dei resti di antichi edifici come il foro, la basilica, il macellum, le terme.

Non c’è una biglietteria, per non parlare di un ufficio informazioni. Altilia, con le sue quattro porte preziose, è un tesoro a cielo aperto dove chiunque può entrare, senza pagare un centesimo.

E dove chiunque può impossessarsi di resti, pietre, reperti. «Servirebbe una recinzione per chiudere gli accessi - afferma il consigliere regionale con delega alla cultura Nico Ioffredi - e regolarizzare gli ingressi, ma non può occuparsene la Regione perché Altilia è competenza della Soprintendenza dei Beni Archeologici del Molise, la qualche dovrebbe anche poi creare dei varchi sottoposti a controlli». 

Intanto, ad occuparsi del parco archeologico è l’associazione Me.Mo. Cantieri Culturali, mentre altre associazioni stanno lavorando per portare una serie di spettacoli teatrali e musicali a luglio e agosto. A loro sono stati affidati l’accoglienza e i servizi di didattica, organizzare le visite guidate con le guide e gli operatori didattici i quali accolgono i visitatori. 

«La domenica mattina - spiega Carla Mastrantuono, presidente di Me.mo. - alle 11.30 abbiamo la visita guidata, tante persone vengono per vedere e non serve la prenotazione, mentre durante la settimana si, quando sono le scolaresche a raggiungere il sito, provengono da Molise, Abruzzo, Lazio e Puglia e sono tantissimi, ma soprattutto apprezzano. Per quanto riguarda invece il resto noi non ce ne occupiamo, l’area è controllata per dodici ore, ma la notte no». 

da primonumero.it

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