Tour nei comuni dell’alto Molise

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Economia basata su pensioni e pompe funebri, tutto il resto è desolazione

di  Pietro Tonti

10 marzo 2017

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Drammatico percorrere l’alto Molise con i suoi comuni e le strade impervie, dove è difficile incontrare un’auto dopo le ore 18:00 di pomeriggio.

Da Forli del Sannio a Roccasicura, poi Carovilli e San Pietro Avellana, passando per l’area della riserva Mab dell’Unesco, nel nostro tour, vige il silenzio assoluto.

Se si ferma l’auto e si scende, solo l’ululato dei lupi e un senso di abbandono e solitudine. Le frane che accompagnano il percorso e le buche nell’asfalto logoro sotto i pneumatici, sono piacevoli indicatori di vita reale, nel buio che sta avanzando.

La vita dei nostri piccoli borghi è scandita nei bar, dai brindisi di bicchieri di birra e le carte napoletane sbattute sui tavoli di sempre con la classica scopa e il tressette. 

Impossibile per i giovani restare in questi luoghi, ameni e inutili per il lavoro. Vediamo solo anziani e pochissimi cinquantenni. Solo lenti passi, stanchi e trascinati dall’età che inesorabilmente avanza. 

Qualche cane all’uscio delle case e poi il silenzio, inesorabile e assordante di comunità che fino agli inizi del ventesimo secolo erano vive, dedite alle colture, alla campagna, alla vita semplice e sana di un tempo oramai divenuto storico. 

Lavoro zero, tranne per i pochissimi impiegati dei comuni, i pochi bar e l’alimentare, esercizi commerciali sempre in procinto di chiudere e sottrarre servizi essenziali alle comunità. 

Nei centri eufemisticamente più grandi, le Poste, un servizio bancario, la farmacia resistono alla depressione della fuga all’estero. Fino a quando ci saranno anziani in questi comuni, anche la fila alle poste per la pensione è un modo per uscire e vedere qualcuno, scambiare quattro chiacchiere sul tempo e la politica, gli acciacchi e le cure.

Il vero punto nevralgico del paese, dove tutta la popolazione si ritrova è dal medico di base, qui a tutte le ore vi sono anziani in attesa, anche per ore per una ricetta e descrivere sintomi e semplicemente parlare, incontrare i coetanei della seconda decade del 900, blindati nelle loro abitudini quotidiane, con i loro bastoni e i movimenti sempre più rallentati; i discorsi logorroici del tempo che fu, la cura dell’orto e l’inesorabile ripetitivo appunto sul freddo e il caldo, in base alle stagioni.

Dopo un peregrinare per la via della natura di Montedimezzo giungiamo a San Pietro Avellana, il bar alle 19:00 è colmo di anziani dediti alle carte, un vociare piacevole dopo il silenzio di una passeggiata nel centro. 

La gentile barista, ci descrive la sua giornata lavorativa. Dopo la colazione mattutina – ci dice – posso anche chiudere, tanto non viene nessuno fino al pomeriggio. Ha il volto di chi vive con una valigia pronta a fuggire, ha due figli e il marito al lavoro al nord. 

Probabilmente chiuderà per raggiungerlo, lasciando i genitori anziani al paese. E’ una scelta obbligata. Nella scuola che frequentano i figli sono solo 10 alunni: con quali prospettive possiamo restare? Come dargli torto. 

In uno slancio di ironia ci fa notare che la popolazione è composta da ultra novantenni e da pochi giorni una signora ha festeggiato la veneranda età di 102 anni. L’unica attività commerciale che fa affari reali sono le pompe funebri, in circa due mesi sono decedute ben 15 persone. Stessa cosa anche per gli altri comuni, dove oramai transitando con l’auto, abbiamo osservato la diffusione di uffici e insegne di onoranze funebri, fino a pochi anni fa non esistevano, cartina tornasole di una popolazione age, sempre più in procinto di passare a miglior vita.

E’ vero, drammatico e assurdo, ma l’economia di questi nostri comuni si basa sulla pensione e sulla morte degli ex pensionati. Ancora più doloroso, vedere che molti anziani sono stati sottratti dalle RSA in cui risiedevano e sono stati ricondotti nelle loro abitazioni, assistiti dai pochi parenti adulti disoccupati rimasti nei paesi, che per sopravvivere, gestiscono la loro pensione, accudendoli direttamente in famiglia. 

Riprendiamo il nostro viaggio per rientrare ad Isernia. Sconsolati per tanta desolazione, ma contenti di rientrare nella città pentra, descritta più volte per la sua decadenza e la mancanza di lavoro e di prospettive per giovani e meno giovani, ma un’oasi rispetto a quanto ci lasciamo alle spalle. E’ proprio vero, che non c’è limite al peggio.

di  Pietro Tonti (da futuromolise.com)

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